giovedì 10 aprile 2025

L’anima divisa di Bestia: il paradosso umano del mutante più brillante della Marvel

Nel panorama caleidoscopico dei supereroi Marvel, pochi personaggi incarnano con altrettanta intensità la tensione tra natura e intelletto, istinto e razionalità, come Henry Philip “Hank” McCoy, meglio conosciuto come Bestia. Creato nel 1963 dalla penna di Stan Lee e dalla matita visionaria di Jack Kirby, Bestia ha attraversato oltre sessant’anni di evoluzione narrativa e genetica, trasformandosi da atletico adolescente mutante a icona tragica della condizione post-umana. Scienziato brillante e guerriero instabile, ambasciatore della tolleranza e potenziale tiranno genetico: la sua figura sfugge a ogni facile categorizzazione.

Originario di Dundee, Illinois, figlio di un tecnico esposto a radiazioni nucleari, McCoy nasce già segnato da un’eredità instabile. Sin dall’infanzia mostra tratti fisici anomali e un intelletto precoce, qualità che lo rendono un emarginato tra i pari, ma anche un prodigio agli occhi di Charles Xavier. Reclutato negli X-Men come “Bestia”, Hank incarna inizialmente il perfetto binomio tra forza fisica e intelligenza, distinguendosi tanto sul campo di battaglia quanto nei laboratori della Scuola per Giovani Dotati.

Ma è nel momento in cui cerca di curare la mutazione che McCoy entra nella sua fase più drammatica: assumendo un siero sperimentale, accelera la propria evoluzione verso un aspetto ferino, coperto di peli blu e dotato di artigli e sensi affinati. La sua nuova forma – più scimmiesca, poi felina, poi ancora simile a un ibrido tra pantera e uomo – è il segno tangibile di una crisi identitaria mai risolta. Insegue la cura della mutazione, ma finisce per rappresentarne la piena affermazione.

Lontano dalla semplice figura del “muscoloso buono”, Bestia è stato membro stabile dei Vendicatori, fondatore di X-Factor, alleato dei Difensori, esploratore dello spazio e scienziato d’avanguardia. In ognuno di questi ruoli ha portato con sé la medesima ambiguità: uomo di scienza disposto a collaborare persino con criminali genetici pur di salvare la razza mutante (come in “Specie in Estinzione”), ma anche figura comica, dotata di un linguaggio forbito e di un senso dell’umorismo autoironico, che maschera con eleganza un costante tormento interiore.

Le sue relazioni più profonde sono spesso finite nel dramma: dalla rottura con la giornalista Trish Tilby, incapace di accettare le continue trasformazioni di Hank, fino allo scontro ideologico con Ciclope durante il periodo più oscuro di Utopia, quando McCoy accusò Scott Summers di aver sacrificato troppi in nome della causa mutante. Questo dissidio segna un punto di svolta: da quel momento, Hank sceglie una via più solitaria, diventando a tratti una figura marginale, a tratti un antagonista morale rispetto alle scelte pragmatiche del gruppo.

È nel crossover “Messiah Complex” e successivamente in “Avengers vs. X-Men” che Bestia torna al centro della narrazione, costretto a interrogarsi sul ruolo della scienza nella sopravvivenza mutante, fino ad arrivare a scelte estreme: contatti con versioni alternative di sé (come il sadico “Bestia Nera” dell’era di Apocalisse), viaggi nel tempo, manipolazioni genetiche al limite dell’etica.

Il suo contributo alla scienza non è mai stato in discussione: McCoy è uno degli otto esseri più intelligenti del pianeta, in grado di progettare velivoli avanzati, decodificare virus alieni, manipolare il DNA e tenere testa a menti del calibro di Tony Stark e Reed Richards. Eppure, è proprio questa brillantezza a essere costantemente oscurata da un senso di alienazione e dalla paura – mai del tutto infondata – che la sua evoluzione possa un giorno sfuggirgli di mano.

Bestia, oggi, non è solo un personaggio iconico del vasto universo Marvel. È un simbolo della modernità inquieta: l’intellettuale dilaniato tra razionalità e biologia, il filosofo nel corpo del predatore, il pacifista costretto alla guerra. Rappresenta il dilemma etico del progresso: fin dove può spingersi la scienza prima di compromettere ciò che ci rende umani?

Nel momento storico in cui mutazioni, ingegneria genetica e intelligenza artificiale non sono più solo concetti da fumetto ma sfide reali per il nostro futuro, la parabola narrativa di Hank McCoy acquisisce una risonanza nuova e profonda. Non è più solo una storia di superpoteri. È una meditazione tragica sull’identità, sull’equilibrio tra scienza e coscienza, tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare.

E in questa tensione irrisolta, Bestia continua a vivere. Più umano che mai.





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