“La morte è solo l’inizio.” — una massima che si adatta perfettamente a Simon Garth, il morto vivente più tormentato dell’universo Marvel.
Nel vasto e variegato pantheon dei personaggi a fumetti, pochi riescono a incarnare il dolore della trasformazione e la maledizione dell’immortalità come Simon William Garth, meglio noto come lo Zombie. Approdato per la prima volta nel 1953 sulle pagine di Menace #5 della Atlas Comics (precursore della Marvel), per poi rinascere nel 1973 grazie a Steve Gerber e Pablo Marcos nella collana Tales of the Zombie, questo inquietante antieroe ha attraversato decenni di evoluzioni stilistiche e narrative, rimanendo un punto di riferimento nell’horror a fumetti.
Perché Simon Garth è ancora oggi un personaggio rilevante? Non solo per il suo aspetto spettrale o per la sua appartenenza a un sottogenere affascinante come l’horror gotico, ma perché incarna la tragedia della coscienza rinchiusa in un corpo che non risponde più alla volontà, simbolo estremo di una lotta interiore che non conosce tregua.
La genesi di Simon Garth è radicata in un’atmosfera noir e pulp. Imprenditore di successo, Garth viene rapito da un ex dipendente assetato di vendetta e offerto come sacrificio in un rituale vudù. Il rito ha successo a metà: Garth muore, ma torna alla vita sotto forma di zombie, costretto a obbedire a chiunque possieda l’Amuleto del Damballah.
La sua prima incarnazione negli anni Cinquanta era più un mostro da rivista d'orrore, sfruttato per brevi storie autoconclusive. Ma è con la rinascita negli anni Settanta, periodo d’oro per l’horror Marvel grazie alla sospensione temporanea del Comics Code Authority, che lo Zombie prende corpo come figura tragica e riflessiva. In Tales of the Zombie, Gerber esplora le sfumature psicologiche del personaggio: Simon conserva la coscienza, la memoria, il rimorso — ma non più il controllo sul suo stesso corpo.
Nel corso degli anni, Simon Garth è apparso sporadicamente in miniserie e camei, ogni volta riproponendo il dilemma esistenziale di un’anima prigioniera in una carne morta. Una creatura né viva né del tutto morta, ma pienamente consapevole del proprio stato: una condizione che amplifica il suo dolore e lo distingue da altri “non-morti” più convenzionali.
Lo Zombie non è un mostro privo di emozioni. Al contrario: Simon Garth è un’anima lacerata, piena di ricordi, affetti, rimorsi. Ciò che lo rende unico è la coesistenza tra l’orrore fisico del cadavere ambulante e l’umanità intatta della sua psiche. È vittima e carnefice, spettatore e protagonista della propria tragedia.
Il conflitto centrale del personaggio è tra volontà e schiavitù. L’Amuleto del Damballah lo rende un burattino nelle mani di altri, eppure la sua coscienza cerca di resistere, di preservare la dignità, di fare del bene quando possibile. È questa tensione morale a renderlo affascinante: Simon è un anti-eroe tragico, un Ulisse dannato che cerca redenzione nella dannazione.
Dal punto di vista tematico, lo Zombie affronta i grandi interrogativi della letteratura horror: la perdita dell’identità, il senso della giustizia in un mondo dominato dal soprannaturale, la fragilità dell’umano di fronte alla morte. Il suo viaggio non è quello di un vendicatore, bensì di un uomo che cerca pace, risposte, e talvolta la possibilità di amare ancora.
Sebbene Simon Garth non abbia raggiunto la celebrità mainstream di altri personaggi Marvel, ha comunque esercitato una significativa influenza nel panorama dell’horror a fumetti. La serie Tales of the Zombie, pubblicata nel prestigioso formato magazine in bianco e nero, ha rappresentato una svolta nel trattamento maturo di tematiche horror nel mondo delle nuvole parlanti.
La qualità narrativa delle storie di Gerber, unite allo stile cupo e dettagliato di Pablo Marcos, hanno reso il personaggio un cult tra gli appassionati. Inoltre, ha aperto la strada a future esplorazioni “adulte” dell’horror Marvel, contribuendo alla nascita di testate come Werewolf by Night e Man-Thing.
Negli anni Duemila, Simon Garth è stato oggetto di un rilancio con miniserie a lui dedicate, come Zombie: Simon Garth del 2006 e il suo ritorno nel crossover Marvel Zombies, confermando l’interesse per il personaggio anche in epoche successive.
Tra le curiosità più note, vale la pena ricordare che Tales of the Zombie #10, l’ultimo della serie, è uno dei pochi albi Marvel dell’epoca con una conclusione davvero tragica e filosofica, considerata da molti una perla dimenticata del fumetto horror statunitense.
Simon Garth non è un supereroe, né possiede un arsenale da combattimento. Tuttavia, come zombie vudù, è dotato di una forza fisica sovrumana, una resistenza al dolore assoluta e l’incapacità di essere ucciso con mezzi convenzionali. Il suo principale punto debole è l’obbedienza forzata a chi controlla l’Amuleto del Damballah.
Questa vulnerabilità lo rende affascinante: nonostante la sua forza, Simon è costantemente in balia degli altri, e ciò rende ancora più struggente ogni sua scelta altruista o gesto di ribellione.
Visivamente, lo Zombie ha subito diverse interpretazioni, pur mantenendo alcuni tratti distintivi: abiti strappati, pelle cadaverica, occhi profondi e malinconici. Nel tempo, il tratto è passato dal realismo illustrativo degli anni Settanta a una versione più moderna e grottesca, come nelle miniserie del XXI secolo. Tuttavia, l’elemento costante è la sua espressione sofferente: Simon Garth non fa paura per ciò che fa, ma per ciò che rappresenta.
Simon William Garth è uno di quei personaggi che sfuggono alla categorizzazione semplice. Non è un eroe, non è un mostro, non è un semplice prodotto dell’immaginazione pulp. È una figura tragica, intensa, carica di simbolismo. Il suo viaggio attraverso la morte è, in fondo, il riflesso delle nostre domande più profonde: cosa resta di noi quando perdiamo il controllo? Quanto possiamo resistere alla disumanizzazione? Esiste redenzione anche per chi ha attraversato l’inferno?
Il suo battito, lento e doloroso, risuona ancora tra le pagine dei fumetti come un monito: la coscienza, anche nella morte, è una forza che non si può seppellire.
E voi, lettori: quanta umanità può celarsi in uno zombie?
Nessun commento:
Posta un commento