Iperrealismo manierista
Dopo l'apice della parabola ascendente
a proposito dell'argomento “diversità ”, la Marvel prende, al
riguardo, una piega potremmo dire manierista. Utilizza, cioè, le
tematiche di sempre, ma estremizzandole o ruotandovi intorno senza
aggiungere niente di nuovo, vivendo, per così dire, di rendita.
Un “fuori serie” osannato
all'epoca, ma a nostro avviso niente più che un'opera adescatrice
nei confronti del pubblico e con una veste grafica originale (in
quanto iperrealista), ma che tradisce una regola fondamentale del
fumetto, ovvero essere disegno non realistico e storie non
realistiche per, eventualmente, impiantarvi storie realistiche, è
Marvels, edita nel 1994. Quest'opera di Kurt Busiek non fa altro che
ri-raccontare la storia della Marvel dalle origini agli anni '90 dal
punto di vista di un fotografo. Senza entrare troppo nello specifico
al riguardo, faremo notare soltanto come quello che è stato
considerato un capolavoro del fumetto di supereroi, non sia un
fumetto di supereroi. L'unica divergenza con i criteri basilari della
finzione fumettistica che andremo a far notare è quella temporale.
Marvels, infatti, evidenzia lo scorrere del tempo, mentre “Superman
non può consumarsi, perché è un mito inconsumabile. […] Superman
è mito a condizione di essere creatura immessa nella vita
quotidiana, nel presente, apparentemente legato alle nostre stesse
condizioni di vita e di morte, anche se dotato di facoltà superiori.
Superman immortale non sarebbe più uomo, ma dio, e l'identificazione
del pubblico con la sua doppia personalità […] cadrebbe nel vuoto.
Superman deve dunque rimanere inconsumabile e tuttavia consumarsi
secondo i modi dell'esistenza quotidiana. Possiede le caratteristiche
del mito intemporale, ma viene accettato solo perché la sua azione
si svolge nel mondo quotidiano e umano della temporalità . Il
paradosso narrativo che i soggettisti di Superman devono in qualche
modo risolvere […] esige una soluzione paradossale della
temporalità ” (Eco, Milano, 1964, pp. 235–6).
Il fumetto deve prendere una piega
diversa da quella delle categorie della realtà , dove “il prima
determina causalmente il dopo, e la serie di queste determinazioni
non può essere risalita, almeno nel nostro universo (secondo il
modello epistemologico col quale ci spieghiamo il mondo in cui
viviamo), ma è irreversibile (ivi, p. 237).
Si nota qui come già Eco vedesse in
Superman un antesignano del supereroe come uomo e non come dio. Non
neghiamo questa posizione, ma vorremmo focalizzare l'attenzione del
lettore su quanto, in relazione ai nuovi eroi della Marvel, Superman
possa essere considerato una sorta di semidio (nel senso specificato
precedentemente a partire dalle riflessioni nietzschiane, a causa
soprattutto dell'assenza del dubbio). Questo non nega e non esclude
la componente umana già insita nell'eroe kryptoniano e il
conseguente processo di identificazione evidenziati da Eco.
Il vigilante, ovvero
l'“autoemarginato”
In
questa parabola a nostro avviso discendente del tema del “diverso”,
si incasella la figura del vigilante, ovvero quel personaggio (spesso
senza superpoteri) che decide, in barba a tutto e a tutti, di
difendere l'umanità senza confrontarsi con nessun modello etico se
non col suo. Questo tipo di personaggio nasce dialetticamente come
popolarizzazione dei temi affrontati da Miller e Moore in casa DC
negli anni '80, come vedremo nel prossimo capitolo. Si tratta di
personaggi inventati magari anni prima, come comprimari strani, ma
che, negli anni '90, prendono la dignità di eroi normali.
Evidentemente qualcosa nel pubblico stava cambiando. Foolkiller è
uno di questi eroi. Come dice il nome, non è sano di mente e punisce
i criminali uccidendo. È un personaggio che sicuramente fa il verso
al “V for Vendetta” di Moore.
Il personaggio di maggior successo, in
tal senso, è, però, Frank Castle, The Punisher, una sorta di Rambo
del fumetto, con una formazione prima da seminarista (ricordiamo,
inoltre, che è italo-americano e cattolico) e poi da marine.
“Given his level of personal
attachment to his military career, he was well on the road to
becoming one of the nation's finest Marines. But fate had other
planes. While on leave, Castle took his wife and children to New
York's Central Park for a picnic. There, the family happened upon a
scene of a mob hit. Finishing off their intended mark, the mobsters
then turned their guns on the only witnesses to the crime. Only
Castle escaped. As his family died in his arms, he was changed
forever. Castle disappeared for several months […]. When the former
Marine resurfaced. He had adapted his fighting skills to wage a
one-man war on crime” (Brady, New York, 2002, p. 123). È
interessante notare come dall'epoca del dubbio si sia tornati
all'epoca della certezza individuale, che, aggiornata dopo l'epoca
della problematizzazione, diventa per forza di cose, anarcoide e
fascistoide.
Questo tipo di eroe è chiaramente
influenzato dalla “crisi del supereroe” avvenuta in casa DC a
metà anni '80 ad opera di Moore e Miller, così come vedremo nel
capitolo successivo.
Il supereroe Marvel
oggi: “diverso”, ma integrato
Facciamo solo un breve accenno alla
situazione odierna. Ci aiuta, quest'ultima analisi, a capire la
portata che questi fumetti hanno sul pubblico e quanto siano specchio
dei tempi. La Marvel degli ultimi dieci anni, infatti, esaurito il
filone del “diverso” che, evidentemente, non è più sentito dal
pubblico come un elemento forte, influenzata dalla concorrenza delle
nuove case indipendenti un po', per così dire, manierista – con
una ricerca, cioè, soprattutto, dell'effetto speciale, del
combattimento e dell'ipertrofismo muscolare al fine di evidenziare la
bravura dei disegnatori -, pullulanti autori fuoriusciti dalla Marvel
stessa, si è trovata a regredire in quanto a tematiche sociali e a
rifugiarsi sempre più nell'entertainment. È interessante notare
quanto le storie si avvicinino, per stile e per scelte editoriali,
agli anni '50 della DC, quando, cioè, si inventavano paradossi su
paradossi e universi paralleli su universi paralleli, fino alla
creazione del caos più totale (esistevano vari Superman di vari
mondi, varie Wonder Woman, varie realtà contraddittorie, e così
via).
Si noti, infine, l'operazione quasi
scientifica di revisionismo. Nel fumetto, cioè, spesso si riscrivono
le origini, sbiadendone, però, la portata sociale. Anche nel cinema
succede lo stesso. I film sui supereroi, ormai diffusissimi,
soprattutto fra le nuove generazioni che non hanno avuto modo di
conoscere le storie originali, e curati dallo stesso Lee, primo
inventore dei primi supereroi Marvel, narrano storie proprio diverse,
assolutamente svuotate di ogni aspetto socialmente rilevante per
calcare la mano sugli effetti speciali di cui sopra. Se si pensa,
poi, che i temi, blandamente, rimangono, ma che quarant'anni dopo si
tratta di temi assimilati, si capisce come la revisione, per
mantenere lo spirito, avrebbe richiesto un approfondimento e un
aggiornamento dei temi sociali. Si è scelto, invece, il percorso
inverso, quasi a voler cancellare la storia, e in buona parte
riuscendoci, ma, come accennavamo prima, sarebbe un argomento,
questo, così vasto da richiedere uno studio apposito.
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