Pikachu è il "frontman"
del franchise Pokémon per un motivo molto semplice.
Era il Pokémon più adatto a
livello commerciale.
Così. Freddo. Gretto. Terra terra. Lo
so, fa un po' male saperlo…
Per capirne il motivo, dobbiamo fare
qualche passo indietro. Anzi, torniamo proprio all'inizio-inizio.
I Pokémon erano nati come
Capsule Monsters.
Sottolineo la parola "Monsters":
quello erano, dei mostri. Dei mostri che combattono. Emblematico il
fatto che la prima creatura a venire disegnata fu (quello che poi
sarebbe divenuto)
Rhydon.
L'idea venne proposta alla Nintendo da
Satoshi Tajiri, cofondatore
della
Game Freaks, nel 1990. La
Nintendo gli risponde una cosa tipo (citazione non letterale):
Non è granché ma ha del
potenziale, lavoraci su, poi nel caso ne riparliamo.
Quello fece: ci lavorò su. Per la
precisione, ci lavorò insieme all'altro cofondatore della Game
Freaks, Ken Sugimori. Ruolo di quest'ultimo: designer.
Come già detto, essendo
mostri che se menano, i
primi Pokémon erano, beh, tutti piuttosto mostruosi.
Al fine di espandere il bacino d'utenza
potenziale del gioco, ossia fondamentalmente
vendere più copie,
iniziarono a differenziarsi. A tal proposito, al buon Sugimori venne
un'idea:
Facciamone anche qualcuno kawaii,
così le mamme non si spaventano troppo e magari vendiamo qualche
copia anche alle ragazze!
Purtroppo Sugimori non riuscì a cavare
un ragno dal buco. O meglio, cavò fuori… Pippi.
Meglio noto in occidente come
Clefairy. Che non
era malaccio (in patria è tutt'ora uno dei Pokémon più popolari in
assoluto!), ma serviva qualcosa di più.
In suo soccorso venne in aiuto
Atsudo Nishida,
illustratrice freelance. Alcuni tra i Pokémon che ideò o comunque
contribuì molto a "kawaii-zzare" sono: Bulbasaur,
Charmander, Squirtle, Vulpix, Dratini, Dragonair, Eevee e le relative
evoluzioni… e il nostro
Pikachu!
Fun fact: al tempo aveva ideato anche
una seconda evoluzione,
Gorochu
(goro
è l'onomatopea del brontolìo del
tuono, laddove
rai
è il tuono stesso e pika
è il lampo;
chu
invece è l'onomatopea dello
squittìo, visto che sono topi). L'idea di un'evoluzione a tre stadi
venne scartata per motivi di bilanciamento, o come si dice oggi,
perché era troppo OP. Notare l'aspetto "curvy" del primo
Pikachu e quello cazzutissimo di Gorochu! Francamente, spero che lo
reintroducano prima o poi.
Facciamo qualche passo in avanti. Siamo
nel 1996 e il gioco è pronto nella sua forma finale, o meglio nelle
sue due forme,
Pokémon Rosso e Verde (Blu
uscirà sei mesi più tardi come
versione rivista e migliorata dei due titoli iniziali e verrà poi
usato come base per i
Rosso e
Blu
internazionali).
Passa del tempo, i giochi hanno un
successo strepitoso, al punto da ispirare un
mangaka, Kosako Anakubo, a
scrivere un
manga
demenziale che parla di un
allenatore incapace,
Akai Isamu detto "Red"
(da aka, rosso, ma anche un ovvio
riferimento al gioco), che viaggia in compagnia di un Pippi/Clefairy
irriverente e lazzarone e di suo cugino, un Pikachu furbetto,
ripercorrendo mooolto a grandi linee la trama dei videogiochi.
I due Pokémon non erano stati scelti a
caso: erano, insieme agli starter, i più popolari in assoluto in
patria. Eh sì, la scelta di fare Pokémon
kawaii
aveva pagato!
Il manga ebbe un più che discreto
successo. Si decise quindi di farne uno "serio", che sarà
poi noto in occidente come
"Pokémon Adventures"
e in italiano come "La
Grande Avventura". Il protagonista si chiamerà, anche in
questo caso,
Red.
Dovendo seguire la trama dei giochi di
prima generazione, il suo Pokémon iniziale (anche se tecnicamente
aveva già un Poliwhirl di famiglia) doveva essere uno starter;
scelse
Bulbasaur. Sì esatto, la
scelta canonica di
Rosso e
Blu
in teoria è Bulbasaur. Vabbé. Il
suo rivale,
Blue, aveva preso invece un
Charmander. Sveglio, lui. E in più aveva già uno Schyter,
perché giustamente con un nonno nel giro che conta vuoi non
approfittarne? Ma sto divagando.
Subito dopo il manga, che seguiva in
modo fedele la trama dei videogiochi, decisero di creare anche un
anime
che fosse invece un po' più libero e si
riferisse non solo ai giochi originali, ma in generale a tutto il
franchise.
Bisogna infatti tenere presente che
erano già in lavorazione i giochi di
seconda generazione
(che è il motivo per cui nella
prima stagione dell'anime
talvolta si vedono anche dei
Pokémon non nativi di Kanto, su tutti l'Ho-Oh
nel primo episodio). Se l'anime
si fosse basato sui giochi di prima generazione, c'era il concreto
rischio che "uscisse già vecchio", o comunque non si
riuscisse a sfruttare il reciproco effetto traino.
Rimaneva quindi il dubbio su quale
Pokémon dare al protagonista Satoshi, abbreviato in occidente in
Ash
(il cognome Ketchum fu aggiunto
nell'adattamento americano come gioco di parole su
Catch 'em all). Era una
scelta cruciale, perché quel Pokémon sarebbe diventato un po' la
mascotte
dell'intero franchise.
Era naturale quindi puntare su uno dei
Pokémon più popolari, tolti gli starter. Come abbiamo già detto, i
più popolari erano Clefairy e Pikachu. E scelsero…
…Clefairy.
Sul serio, in prima battuta
avevano scelto lui.
Poi però il produttore dell'anime,
Ishihara Tsunekazu,
disse una cosa del tipo:
Non è un po' troppo rosa? Non è
che poi i maschi non se lo filano?
Ed è per questo che venne scelto
Pikachu come compagno di Ash e, di conseguenza, mascotte del
franchise: perché era il Pokémon che garantiva il maggior successo
commerciale in quel momento.
Ultima nota:
Oro e Argento
erano già in lavorazione, ma il
loro sviluppo si rivelò piuttosto travagliato (usciranno solo nel
1999, l'anime è del 1997). Per "tappare il buco" la Game
Freaks nel 1998 rilasciò
Pokémon Giallo,
remake dei precedenti capitoli ma con trama basata sull'anime e
qualche miglioria al comparto grafico e sonoro.
Quindi in pratica
Giallo
è un videogioco basato su una
serie animata che si discosta da un fumetto nato a seguito di un
altro fumetto a sua volta liberamente ispirato ad altri videogiochi.
Un delirio!
Un delirio che però ha contribuito
enormemente a cementare l'immagine di Pikachu come mascotte di tutto
l'impero mediatico Pokémon.
PIKA PIKA!
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