Ragnarǫk
(in islandese moderno anche
Ragnarök e Ragnarøkkr)
indica, nella mitologia norrena, la battaglia finale tra le potenze
della luce e dell'ordine e quelle delle tenebre e del caos, in
seguito alla quale l'intero mondo verrà distrutto e quindi
rigenerato.
Significato del termine e fonti scritte
Il nome è composto da ragna, il
genitivo plurale di regin (dèi-poteri organizzati), e il plurale
neutro
rǫk
(fato-destino-meraviglie;
genitivo: raka), poi confuso con
røkkr
(crepuscolo).
Il termine probabilmente più antico è
ragnarǫk, che significa "fato degli dèi". Ragnarøkkr
significa invece
crepuscolo degli dèi, ed è
quest'ultima la denominazione più celebre dei Ragnarǫk, grazie
anche all'opera di Richard Wagner (Götterdämmerung). Gli storici
hanno corretto quest'ultima traduzione; in particolare il francese
Claude Lecouteux, ha sostenuto che il significato originario sia
"giudizio delle potenze".
I Ragnarǫk (la parola è plurale) ci
sono noti principalmente da tre fonti:
«... liete si apprestano a combattere le Forze del Male e già
calpestano il Ponte che adduce ai Troni degli Dei; il Destino
ormai sta per compiersi e Heimdallr, il santo custode, suona a
gran forza il grande corno di guerra; in silenzio, Odino conversa
con la testa di Mimir e da lei cerca consiglio.»
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(strofa XLVI, Canto della Vǫluspá)
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Le fonti sui Ragnarǫk, come quasi
tutte quelle sulla mitologia norrena, sono frammentarie, confuse,
contraddittorie, ricche di riferimenti criptici e spesso quasi
incomprensibili nella loro laconicità. I Ragnarǫk verranno
preceduti dal Fimbulvetr, un inverno terribile della durata di tre
anni, in seguito al quale avverrà lo sfascio dei legami sociali e
familiari, in un vortice di sangue e violenza di là da ogni legge e
regola.
Spariranno quindi Sól (il Sole) e Máni
(la Luna): i due lupi (Skǫll e Hati) che, nel corso del tempo,
perennemente inseguivano i due astri finalmente li raggiungeranno,
divorandoli, privando il mondo della luce naturale. Anche le stelle
si spegneranno. Yggdrasill, l'albero cosmico, si scuoterà, e tutti i
confini saranno sciolti: terremoti, alluvioni e catastrofi naturali.
Le creature del caos attaccheranno il
mondo: Fenrir il lupo verrà liberato dalla sua catena, mentre il
Miðgarðsormr emergerà dalle profondità delle acque. La nave
Naglfar leverà le ancore per trasportare le potenze della
distruzione alla battaglia guidate da Hel. Al timone ci sarà il dio
Loki.
I misteriosi Múspellsmegir
cavalcheranno su Bifrǫst, il ponte dell'arcobaleno, facendolo
crollare. Heimdallr, il bianco dio guardiano, soffierà nel suo
corno, il Gjallarhorn, per chiamare allo scontro finale Odino, le
altre divinità, e i guerrieri del Valhalla (gli Einherjar).
Nel grande combattimento finale, che
avverrà nella pianura di Vígríðr, ogni divinità si scontrerà
con la propria nemesi, in una distruzione reciproca. Il lupo Fenrir
divorerà Odino, che quindi sarà vendicato da suo figlio Viðarr.
Týr e il cane infernale Garmr si uccideranno a vicenda. Surtr
abbatterà Freyr, mentre Thor morirà dopo aver ucciso Jǫrmungand,
esalando l'ultimo respiro per i veleni di quest'ultimo.
L'ultimo duello sarà tra Heimdallr e
Loki, che si uccideranno a vicenda, quindi il gigante del fuoco
Surtr, proveniente da Múspellsheimr, darà fuoco al mondo con la sua
spada fiammeggiante.
Di seguito, dalle ceneri, il mondo
risorgerà. I figli di Odino, Viðarr e Váli, e i figli di Thor,
Móði e Magni, erediteranno i poteri dei padri. Baldr, il dio della
speranza con sua moglie Nanna e Hǫðr suo fratello, torneranno da
Hel, il regno della morte. Troveranno, nell'erba dei nuovi prati, le
pedine degli scacchi con cui giocavano gli dei scomparsi. La stirpe
umana verrà rigenerata da una nuova coppia originaria, Líf e
Lífþrasir, sopravvissuti nascondendosi nel bosco di Hoddmímir o
nel frassino Yggdrasill a seconda dei culti.
La rinascita del mondo è tuttavia
adombrata dal volo, alto nel cielo, di Níðhǫggr, la serpe di
Niðafjoll, misteriosa creatura tra le cui piume porterà dei
cadaveri.
Interpretazioni dei Ragnarǫk
L'assenza di paralleli corrispettivi
escatologici nelle altre mitologie europee, cioè la mancanza di
narrazioni sulla fine del mondo, ad esempio, in ambiente greco o
romano, ha portato diversi studiosi a ipotizzare influssi più o meno
decisi, nei Ragnarǫk, dell'immaginario cristiano, in particolare
dall'Apocalisse di Giovanni. L'ipotesi sarebbe corroborata dal fatto
che la mitologia norrena sia stata codificata quasi interamente in
seguito all'arrivo del Cristianesimo nell'Europa settentrionale.
Priva di riscontri oggettivi, la tesi è congetturale.
Da parte sua, Georges Dumézil,
studioso francese dei miti, ha messo in luce le forti somiglianze tra
i Ragnarǫk e, nella mitologia hindu, la battaglia tra Pāndava e
Kaurava, così com'è narrata nel Mahābhārata. Così come il
Ragnarǫk sarebbe posto nel futuro, l'analoga battaglia epocale del
Mahābhārata si trova nel passato.
È forse dunque possibile come
corrispettivo dei Ragnarǫk in area mediterranea la gigantomachia o
la titanomachia, che vedono contrapposti gli dei olimpici guidati dal
loro re, Zeus, contro creature deformi e caotiche.