domenica 21 gennaio 2018

Perché Batman è l’unico supereroe a cui “basta solo un po’ di tempo”?


Nel vasto e variegato pantheon dei supereroi, dominato da divinità cosmiche, mutanti con poteri illimitati e alieni invulnerabili, Batman continua a esercitare un’attrazione singolare. Non vola. Non è invincibile. Non scaglia fulmini, né manipola la realtà. Eppure, quando si parla di sconfiggere minacce galattiche, c'è una frase ricorrente tra fan e autori: “Con abbastanza tempo per prepararsi, Batman può battere chiunque”. Un concetto paradossale, quasi mitologico, che solleva un interrogativo più profondo: perché siamo così affascinati da quest'uomo senza poteri, convinti che la sola mente umana, se sufficientemente affilata, possa prevalere su ogni forma di male?

Bruce Wayne non è un essere sovrumano. È un uomo, sì, al massimo delle potenzialità umane – forza, agilità, intelligenza – ma pur sempre un uomo. Vulnerabile alla malattia, al tempo, alla morte. Eppure, nell’universo DC, si trova spesso a interagire (e a scontrarsi) con esseri che incarnano l’onnipotenza: Superman, Darkseid, Brainiac. In questi scenari, la sua principale risorsa non è il denaro – per quanto utile – né la tecnologia, ma la preparazione. Batman non reagisce: prevede, anticipa, calcola. È lo stratega perfetto, capace di concepire un piano di contingenza anche contro l’ignoto.

Ma ciò che lo distingue davvero è la sua volontà incrollabile. Dove altri cedono alla paura, al panico o alla disperazione, Batman si rialza. Sempre. Ed è qui che la sua umanità diventa un’arma. Nonostante sia "facilmente uccidibile", come molti osservano, continua a vincere perché il suo punto debole è anche la sua forza: la consapevolezza della propria mortalità lo spinge a essere sempre un passo avanti.

L’idea che Batman possa battere chiunque, a patto di avere “tempo per prepararsi”, è diventata quasi un meme culturale. Ma come ogni leggenda, questa ha radici profonde. In un’epoca in cui tutto sembra dominato dalla forza bruta e dalla superiorità tecnologica, Batman incarna la supremazia dell’ingegno umano. Non si affida al caso, ma alla conoscenza. Studia le debolezze altrui, elabora scenari alternativi, costruisce piani d’azione in base a un’etica inflessibile.

Certo, i critici hanno gioco facile nel sottolineare l’assurdità del concetto: nessuna quantità di arti marziali o gadget può salvarti da un colpo diretto di un'entità cosmica. In uno scontro puramente realistico, Batman verrebbe annientato in un istante. Eppure, la narrazione a fumetti non è realismo: è aspirazione, metafora, archetipo. Batman non è l’uomo che vince nonostante le probabilità: è l’uomo che vince proprio perché le probabilità sono contro di lui. È la personificazione della resilienza umana di fronte all’inevitabile.

Ma allora, perché continuiamo a fare il tifo per lui anche quando è evidente che non ha speranze? Perché, in fondo, non tifiamo per la vittoria. Tifiamo per il tentativo. Tifiamo per il coraggio di entrare in campo quando sai già che potresti perdere tutto. Batman non ci conquista perché è il più forte: ci conquista perché non si tira mai indietro. È la rappresentazione estrema dell’essere umano che, privato di ogni vantaggio, si rifiuta di arrendersi. Di fronte al caos, alla paura, alla morte, Batman risponde con metodo, logica, determinazione.

E forse è per questo che, tra mille supereroi, è quello che sentiamo più vicino. Perché non è nato con un dono. Non è stato scelto. Si è fatto da sé. Con dolore, disciplina, ossessione. E in questo, è profondamente, straordinariamente umano.

Alla fine, Batman non ha bisogno di vincere per essere un eroe. Gli basta prepararsi. Perché in quel gesto – l'atto stesso di pianificare, di lottare, di resistere – c'è il cuore stesso del mito. E finché continuerà a indossare il mantello, a calcolare l’impossibile, e a entrare nell’oscurità senza alcuna garanzia di uscirne vivo, noi continueremo a fare il tifo per lui. Non perché può vincere. Ma perché sceglie di provarci. Anche quando nessun altro lo farebbe.


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