giovedì 4 gennaio 2018

Gaston: l’antieroe più incompreso della Disney?

Nel grande universo della narrativa cinematografica, pochi personaggi sono stati bollati con tanta decisione quanto Gaston, il vanitoso cacciatore de La Bella e la Bestia. Un uomo che, al netto dell’egocentrismo, potrebbe non essere il villain che la Disney ci ha insegnato ad odiare. Anzi, a rivederlo oggi, alla luce di una lettura meno manichea, potremmo trovarci davanti a uno degli antagonisti più incompresi del cinema d’animazione.

Vediamola da un’altra prospettiva.

Gaston è l’eroe del villaggio. Non è solo l’uomo più forte in circolazione, ma anche un veterano di guerra, osannato da grandi e piccini. La sua popolarità non è frutto del caso: ha guadagnato il rispetto del paese con il carisma e il coraggio. È, agli occhi dei suoi concittadini, il prototipo dell’uomo ideale: coraggioso, protettivo, deciso. In un mondo rurale e arretrato, dove l’apparenza e la forza fisica sono moneta sociale, Gaston è un re senza corona.

Quando vede Belle, non la considera solo una donna affascinante: la ritiene degna di lui, della sua posizione. Certo, è vero, non capisce fino in fondo la sua passione per i libri e la sua indole solitaria, ma in quel mondo chi lo avrebbe fatto? Non si può accusare un uomo di essere figlio del suo tempo. Le sue avances, per quanto invadenti, sono sincere nella loro goffaggine: fiori, complimenti, muscoli... tutto ciò che, nel suo mondo, dovrebbe far breccia.

E quando Belle sparisce e finisce in un castello incantato con una bestia mostruosa, quale sarebbe stata la reazione di un uomo qualunque? L’indifferenza? La paura? No. Gaston fa ciò che ogni eroe del villaggio avrebbe fatto: raduna i suoi uomini e parte per salvarla. Non sa che la Bestia è in realtà un principe maledetto. Non sa che Belle è lì per sua libera scelta. Tutto ciò che sa è che una ragazza è in balia di un mostro.

Il punto di rottura, nella narrazione tradizionale, arriva quando Gaston combatte contro la Bestia. Ma qui, anche in questo duello finale, è mosso da motivazioni coerenti con il suo ruolo: difendere, proteggere, ristabilire l’ordine. È un uomo che, davanti a un’entità ignota e pericolosa, reagisce con la forza che conosce meglio: l’azione. Il suo errore? Essere troppo umano. Troppo legato alla sua visione del mondo. Forse troppo innamorato.

La sua fine, tragica, è quella del classico anti-eroe romantico: precipita, letteralmente e simbolicamente, vittima di un sistema narrativo che non contempla sfumature. Belle ha scelto l’amore vero, sì. Ma Gaston non è stato un cattivo per cattiveria. È stato un uomo che ha combattuto, anche maldestramente, per ciò in cui credeva.

Oggi, nel tempo delle rivalutazioni critiche, dove si mette in discussione ogni archetipo, Gaston merita un secondo sguardo. Non per assolverlo – la vanità resta un vizio, la prepotenza pure – ma per comprenderne la complessità, il contesto, le motivazioni. È il prodotto di una società che premia l’apparenza e punisce l’introspezione. Un personaggio tragico, non malvagio.

Forse, nel grande teatro della fiaba, non tutti i "cattivi" sono davvero cattivi. E non tutti gli eroi sono esenti da macchie. Ma se il compito dell’arte è farci riflettere sulle sfumature dell’animo umano, allora anche Gaston ha diritto a una redenzione postuma. O quanto meno, a un dibattito.



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