Nel vasto e variopinto panorama dei superpoteri dei fumetti, dove ogni concetto è stato almeno una volta esplorato, replicato o reinterpretato, è difficile trovare qualcosa che possa essere definito davvero unico. Superforza, invulnerabilità, controllo mentale, manipolazione del tempo o dello spazio: quasi ogni editore ha la propria versione di questi archetipi. Tuttavia, tra le centinaia di mutanti, metaumani, divinità e alieni, una figura emerge con un potere che non solo è originale nella sua formulazione, ma apre a scenari concettualmente affascinanti e, al tempo stesso, disturbanti. Si tratta di Isca l’imbattuta, personaggio introdotto nella continuity mutante della Marvel con l’arco narrativo di X of Swords.
La mutazione di Isca è, letteralmente, essere imbattibile. Non “resistere a ogni attacco”, non “vincere sempre nei combattimenti” — sarebbe troppo semplice. La sua abilità si traduce in una condizione ontologica permanente di vittoria. Qualsiasi sfida, qualunque sia la natura, che lei accetti o in cui venga coinvolta, deve finire con la sua vittoria. Non si tratta di fortuna: è una legge, una certezza universale.
Ciò che rende questo potere così radicalmente diverso da ogni altro è che non si tratta di una forza che applica sull’ambiente, ma di una verità che l’universo stesso è costretto a rispettare. Se affronta qualcuno in combattimento, acquisisce automaticamente la capacità necessaria per prevalere. Se partecipa a una gara, ogni variabile — abilità, probabilità, eventi casuali — si allineerà affinché lei vinca.
Ma la genialità di questo concetto risiede nei limiti e nei paradossi che comporta. Perché, se sei costretta a vincere, allora la tua libertà di scelta svanisce. Il tuo potere non ti obbedisce: ti comanda. Non sei libera di perdere, e spesso, non sei nemmeno libera di scegliere con chi combattere o da che parte stare. Ed è qui che Isca smette di essere una semplice superumana e diventa una figura tragica.
Nel corso delle sue apparizioni, Isca si è rivelata essere un personaggio enigmatico e pericolosamente coerente con il proprio dono. Durante i conflitti tra Arakko e Krakoa, non ha esitato a cambiare fazione nel mezzo della battaglia. Non per opportunismo, ma perché non poteva perdere. È la sua stessa mutazione a dettare le sue azioni, spesso al di là della morale, del cameratismo o della lealtà. Quando si capisce che la tua alleata potrebbe diventare tua nemica semplicemente perché la tua parte sta perdendo, ogni legame si incrina.
In un confronto teorico contro avversari come Shang-Chi, maestro assoluto delle arti marziali, la mutazione di Isca le fornirebbe automaticamente un livello di abilità paragonabile o superiore. Oppure, in alternativa, le concederebbe una soluzione completamente diversa — come emettere un’onda d’urto che lo disintegri all’istante — pur di garantire la vittoria. Ma ciò solleva una domanda inquietante: fino a che punto questo potere può spingersi?
Prendiamo un avversario come Sentry, l’essere quasi divino dell’universo Marvel, capace di manipolare la materia, resuscitare, apprendere poteri all’istante e distruggere interi sistemi solari. Può Isca batterlo in uno scontro uno contro uno? Forse no. E se davvero non può sconfiggerlo, cosa accade?
Secondo la logica implicita del suo potere, la risposta è agghiacciante: smette di essere sua nemica. Si unisce a lui. Non per scelta, ma per necessità. Per mantenere la sua imbattibilità, Isca deve schierarsi dalla parte vincente. Anche se questo significa abbandonare i propri ideali. Anche se questo significa servire un tiranno o un dio distruttore.
È qui che la mutazione di Isca smette di essere un potere e diventa una condanna esistenziale. Non è più un’abilità che conferisce vantaggi: è un imperativo cosmico che la separa da ogni possibile empatia, affetto o volontà personale. Non può essere fedele, non può essere coerente, non può essere libera. Il prezzo dell’imbattibilità è l’annullamento dell’identità.
Questa complessità concettuale potrebbe essere una delle ragioni per cui Isca è stata finora impiegata con parsimonia. Troppo forte per essere un’antagonista gestibile, troppo imprevedibile per essere una protagonista coerente, troppo ambigua per rientrare nei binari del bene o del male. Un personaggio che, per definizione, può rompere ogni trama nella quale si trovi coinvolta.
Eppure, proprio per questo, è uno dei personaggi più intriganti mai concepiti nel genere supereroistico. Il suo potere solleva domande di natura etica, filosofica, narrativa. È davvero un’eroina, o è solo una funzione matematica senziente? Può esistere una tragedia greca mutante, in cui il fato non è il destino scritto dagli dei, ma la tua stessa genetica? E soprattutto: come reagirà il mondo quando capirà che non può mai, in nessun caso, batterla?
Nel multiverso dei fumetti, dove tutto è possibile e tutto è stato raccontato, Isca rappresenta un’anomalia. Non tanto per ciò che fa, quanto per ciò che non può fare. Non può perdere. E in questo paradosso, si annida la sua condanna.
Più che un’arma vivente, è un monito narrativo: che cosa succede quando un potere diventa così assoluto da negare la libertà stessa? È forse questo il superpotere più unico di tutti: l’impossibilità di fallire… e dunque, l’impossibilità di scegliere.
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