venerdì 18 luglio 2025

Spider-Man alla Prova: I Villain che Deve Sconfiggere per Entrare nella Justice League

Se l’universo DC dovesse mai aprire le sue porte al giovane Peter Parker, alias Spider-Man, imponendogli come prova d’ingresso la sconfitta di un supercriminale per ogni membro fondatore della Justice League, non sarebbe un’impresa da poco. Ma anche se la sfida appare proibitiva, non è certo impossibile.

La Justice League, nota per la sua etica e per il rispetto delle potenzialità individuali, calibrerebbe gli avversari con criterio. Non un Doomsday, certo. Ma neanche criminali da quattro soldi. Serve la giusta misura: un nemico che rappresenti al meglio la filosofia, la sfida e la storia di ogni eroe della Lega. Ecco dunque la formazione base — Superman, Batman, Wonder Woman, Flash, Green Lantern (Hal Jordan), Aquaman, Cyborg e Martian Manhunter — e i nemici che Spider-Man dovrebbe affrontare.

Batman: Two-Face

Perché lui?
Batman è stratega e psicologo. Non sottoporrebbe Peter all’imprevedibilità del Joker o alla brutalità del Pinguino. Sceglierebbe Harvey Dent, alias Two-Face, per testare il senso morale di Spider-Man. Non è solo una battaglia fisica: è un confronto con la follia, con l’imprevedibilità del bene e del male gettato sul piatto di una moneta. Un villain umano ma pericoloso, armato e instabile, perfetto per misurare il sangue freddo e il senso di giustizia del Ragno.

Superman: Lex Luthor

Perché lui?
Lex Luthor è uno degli uomini più intelligenti dell’universo DC. Non possiede superpoteri, ma ha spesso messo Superman in ginocchio con ingegno, tecnologia e spietata determinazione. Mettere Spider-Man contro Lex significa testare la mente di Peter, il suo intuito, la sua capacità di affrontare un nemico che colpisce con parole, droni, esche e inganni più che con la forza bruta.

Wonder Woman: Cheetah

Perché lei?
La Cheetah è agile, feroce, dotata di riflessi sovrumani. Il confronto con Diana Prince è sempre uno scontro tra istinto animalesco e disciplina amazzonica. Mettere Spider-Man contro Barbara Minerva serve a testare la sua capacità di combattere un nemico tanto simile a lui, sul piano fisico, ma diametralmente opposto nel cuore. Una lotta corpo a corpo tra felini, dove vince chi sa dominare la propria bestia interiore.

Flash: Gorilla Grodd

Perché lui?
Dotato di forza, intelligenza strategica e poteri psichici, Grodd rappresenta una doppia minaccia. Spidey dovrebbe affrontare la forza bruta e l’inganno mentale. Niente Speed Force da contrastare, ma un nemico che può insinuarsi nella mente e dominare intere folle. Perfetto per testare l’istinto di Spider-Man e la sua capacità di pensare con chiarezza anche sotto pressione psicologica.

Green Lantern: Sinestro

Perché lui?
Affrontare Sinestro significa fronteggiare la paura incarnata. Peter, che combatte ogni giorno le sue insicurezze, è il candidato ideale per sfidare un ex Lanterna Verde capace di piegare la volontà dei suoi avversari. Sarà il coraggio e l’ingegno di Spider-Man a dover colmare il gap tecnologico e battere un avversario intergalattico usando solo ragnatele, astuzia e il cuore di un eroe.

Aquaman: Black Manta

Perché lui?
Black Manta è un nemico terrestre, vendicativo, armato di tecnologia avanzata. Sceglierlo significa evitare ambienti acquatici ostili e mantenere la battaglia a terra o in zone portuali, favorevoli a Spider-Man. Una lotta tra strategia, armamenti e adattabilità, dove la mobilità e l’intelligenza tattica di Peter saranno fondamentali per prevalere.

Cyborg: Deathstroke

Perché lui?
Slade Wilson, alias Deathstroke, è un soldato perfetto: stratega, letale, preciso. Ha messo in difficoltà Batman, il che è già un curriculum da paura. Metterlo contro Spider-Man significa testare i riflessi, il senso tattico e la capacità di proteggere vite innocenti sotto fuoco nemico. Peter dovrà bilanciare attacco, difesa e soccorso, come fa ogni giorno a New York.

Martian Manhunter: Ma'alefa'ak

Perché lui?
Il fratello oscuro di J’onn J’onzz, Ma'alefa'ak possiede poteri simili al Martian Manhunter, senza le sue inibizioni morali. Telepatia, mutaforma, invisibilità, intangibilità: un arsenale mentale che metterà a dura prova la mente e i sensi di Spider-Man. Ma è proprio qui che emerge il meglio di Peter: quando il mondo diventa incomprensibile, lui si fida del suo istinto, del suo senso di ragno, della sua responsabilità.

Otto battaglie, otto prove. Peter Parker dovrà fronteggiare menti brillanti, fisici mutati, tecnologia aliena e forze sovrumane. Ma ciò che rende Spider-Man un eroe non è solo il suo potere, bensì la sua determinazione incrollabile a fare la cosa giusta, anche quando è solo contro il mondo.

Con ogni sconfitta inflitta, guadagnerà rispetto. E quando l’ultimo nemico cadrà, sarà chiaro a tutti i membri della Justice League che Spider-Man non è solo un “tipo simpatico in calzamaglia”. È un alleato, un fratello d’arme. Un degno membro della Lega.

Benvenuto nella Justice League, Spider-Man.

giovedì 17 luglio 2025

Benvenuto nella Justice League, Goku



Se Goku dovesse mai varcare i confini del Multiverso per approdare nel mondo della DC Comics, non avrebbe alcuna difficoltà a trovare il suo posto accanto agli eroi più iconici della Terra. In effetti, potremmo spingerci oltre: la Justice League sarebbe fortunata ad averlo. Perché in fondo, Goku è già il cuore pulsante di un'altra Lega della Giustizia: i leggendari Z-Fighters. Guerrieri d’élite, eroi senza pari, capaci di tener testa a divinità e distruttori, in un mondo dove la forza si misura in livelli ben oltre l’immaginabile.

Conosciamo Goku come un guerriero senza eguali, un’anima pura animata da un desiderio instancabile di superare se stesso. E in un universo dove combattono Superman, Batman, Wonder Woman e il resto della Justice League, quel desiderio troverebbe terreno fertile.

Il legame più naturale si instaurerebbe con l’Uomo d’Acciaio. Entrambi alieni cresciuti sulla Terra, simboli di speranza e di forza, Goku e Superman si attrarrebbero come poli di una stessa energia. Goku, percependo la potenza di Kal-El, chiederebbe immediatamente un duello amichevole. E da lì nascerebbe un rispetto reciproco che andrebbe ben oltre il campo di battaglia.

Goku, con la sua abilità nel combattimento e l’arte della disciplina marziale, porterebbe Superman al limite delle sue capacità. Immaginate un allenamento su un pianeta a sole rosso, dove l’eroe kryptoniano è vulnerabile, costretto a contare solo su forza, tecnica e determinazione. Un inferno per chiunque. Tranne che per Superman. Un dono, in fondo, da parte di un amico che non teme di farti diventare migliore. In cambio, Goku imparerebbe l’equilibrio tra potere e responsabilità sociale, qualità che Clark Kent incarna perfettamente. Una sinergia potente. Due titani, ciascuno custode della grandezza dell’altro.

Con Bruce Wayne, il rapporto sarebbe più complesso, ma altrettanto profondo. Come già accade con Vegeta, Goku rispetta chi, partendo da una condizione umana, riesce a raggiungere livelli straordinari. Batman non possiede poteri soprannaturali, ma è l’espressione massima della volontà umana. Questo lo renderebbe, agli occhi di Goku, un maestro da cui apprendere. E il Cavaliere Oscuro, seppur inizialmente diffidente, riconoscerebbe in Goku un’arma letale ma controllabile, una risorsa da guidare come un’ombra tattica sul campo di battaglia.

Insieme, sarebbero un’arma combinata inarrestabile. Batman agisce nell’ombra, analizza, pianifica. Goku colpisce con precisione chirurgica, trasformandosi in un’estensione della volontà strategica di Bruce. E Alfred? Beh, Alfred e Goku sarebbero semplicemente anime affini... culinarie.

Con Diana, la connessione sarebbe immediata. Entrambi incarnano la perfezione fisica e lo spirito del guerriero. Ma Goku è anche un'anima leggera, fanciullesca, che ben si accorda con la serietà regale dell’amazzone. Sarebbero compagni d’armi, spiriti affini che condividono la gioia del combattimento onorevole.

Goku accetterebbe senza esitazioni una missione nell’Ade, solo per il gusto di battersi contro creature mitologiche. E insieme a Wonder Woman, spazzerebbero via eserciti interi, lasciando dietro di sé campi di battaglia vuoti e leggende nuove da raccontare.

Con Barry Allen, Goku troverebbe un altro cuore puro. Entrambi gentili, umili e devoti ai propri amici, condividerebbero più di quanto si possa pensare. Se Barry rappresenta l’anima emotiva della Justice League, Goku ne incarna la gioia semplice e disarmante.

I due potrebbero chiacchierare per ore tra una scorpacciata e l’altra, raccontandosi imprese e salvando il mondo tra una risata e un lampo di luce. E sul campo di battaglia? Una danza supersonica tra energia e velocità. Goku spingerebbe il suo corpo fino ai limiti dello spazio-tempo, solo per cercare di tenere il passo di Flash. Non ci riuscirebbe, certo. Ma non smetterebbe mai di provarci.

Se Superman, Batman, Wonder Woman e Flash dovessero accettare Goku nel loro cerchio più ristretto, il resto della Justice League non potrebbe che seguirli. Perché Goku non è solo un combattente d’élite. È un artista marziale di livello supremo, capace di affrontare i migliori del DC Universe anche senza il suo ki. È un essere dalla forza inumana, capace di volare, teletrasportarsi e combattere in ogni dimensione. È un sorriso che illumina la battaglia, un cuore che non si spezza mai.

Con la Justice League, Goku troverebbe un nuovo universo da proteggere. E l’universo troverebbe in lui un nuovo, instancabile campione.

Benvenuto, Goku. La Torre di Guardia ti stava già aspettando.

mercoledì 16 luglio 2025

AQUAMAN CONTRO CAPTAIN AMERICA: UNO SCONTRO TRA EROI DI MONDI DIVERSI

Nel vasto universo dei crossover ipotetici tra i franchise DC e Marvel, uno degli scontri più discussi tra fan e appassionati di cinecomic è quello tra Aquaman, nella sua incarnazione cinematografica interpretata da Jason Momoa, e il Captain America del Marvel Cinematic Universe, interpretato da Chris Evans. La domanda è semplice, ma dalle implicazioni complesse: in uno scontro diretto, chi dei due avrebbe la meglio?

Steve Rogers è un combattente di prim’ordine. È stato trasformato nel “super soldato” per eccellenza durante la Seconda Guerra Mondiale, dotato di forza, resistenza, agilità e riflessi superiori a qualsiasi essere umano. Il suo scudo, forgiato in vibranio, è virtualmente indistruttibile e lo rende una macchina da guerra difensiva e offensiva al tempo stesso. Cap ha affrontato esseri del calibro di Thanos, ha guidato gli Avengers ed è sopravvissuto a conflitti su scala planetaria.

Tuttavia, c'è un limite. In questa ipotesi non stiamo considerando Cap “degno” del martello di Thor, quindi non ha accesso a Mjölnir né ai poteri divini che ne derivano. Resta dunque un combattente eccezionale... ma pur sempre umano.

Aquaman, al contrario, è mezzo umano e mezzo atlantideo, figlio della regina Atlanna e di un guardiano del faro. Possiede una forza sovrumana, una resistenza incredibile, la capacità di respirare sott’acqua, di nuotare a velocità che sfidano la logica fisica e di combattere su terra e mare con pari efficacia.

Il suo arsenale? Un’arma leggendaria: il Tridente di Atlan, forgiato in acciaio di Poseidone, un metallo divino, e capace non solo di penetrare qualsiasi materiale conosciuto, ma anche di canalizzare e dominare l’elemento acquatico su scala planetaria. Un’arma che, secondo i racconti, ha avuto un ruolo nella distruzione di intere civiltà.

Aquaman ha affrontato e sconfitto Steppenwolf, Karathen (una creatura marina colossale), e ha tenuto testa per alcuni secondi persino a Superman — il che lo colloca automaticamente tra i personaggi più potenti del DCEU.

Non si tratta solo di forza bruta. Arthur Curry ha ricevuto un addestramento d’élite in stile reale atlantideo sin da bambino, rendendolo uno dei migliori spadaccini e combattenti corpo a corpo dell’universo DC.

Se Cap e Aquaman si affrontassero in uno scontro diretto — non una battaglia strategica o una guerra di intelligenze — il risultato sembrerebbe inevitabile. Aquaman è più veloce, più forte, più resistente, e possiede un’arma capace di distruggere anche materiali di origine divina o avanzatissima tecnologia.

Lo scudo di Cap, creato dal genio di Howard Stark con una lega misteriosa di vibranio e forse adamantio, è noto per la sua invulnerabilità. Ma può resistere a un colpo del Tridente di Atlan, un’arma mitologica progettata per dominare le forze della natura? La risposta più onesta è: probabilmente no. Se Thanos, che non è un dio, ma un Titano molto potente, è riuscito a spezzare lo scudo con la sua arma da guerra, non è irragionevole credere che un tridente capace di affondare continenti possa fare altrettanto.

In fondo, questo scontro rappresenta molto di più di una semplice battaglia fisica. Captain America è il simbolo dell’uomo che supera i propri limiti grazie alla determinazione, al coraggio e all’ideale. Aquaman, invece, è la personificazione del potere ancestrale, della linea di sangue regale, e del legame profondo con le forze primordiali del pianeta.

Se dovessimo immaginare questo scontro in un film, forse Cap riuscirebbe a sorprendere Arthur con un paio di mosse ben piazzate, sfruttando l’astuzia e l’agilità. Ma alla lunga, la disparità tra i due si rivelerebbe schiacciante. Non perché Cap non sia un eroe, ma perché Aquaman gioca in una lega diversa.

Capitan America è un leader, un simbolo e un guerriero valoroso. Ma contro un semidio marino armato di un’arma leggendaria, non avrebbe molte chance. Aquaman vincerebbe, e anche abbastanza facilmente.

La vera domanda, forse, non è “chi vincerebbe?”, ma: cosa accadrebbe se questi due eroi combattessero fianco a fianco? Quello, sì, sarebbe uno spettacolo indimenticabile.


martedì 15 luglio 2025

SHAZAM! E LA SUA OSCURA GALLERIA: I VOLTI DEL MALE NEL MITO DEL FULMINE

 


Quando si pronuncia il nome “Shazam”, è inevitabile pensare al lampo, alla trasformazione, al ragazzo che diventa dio. Ma ogni eroe, per essere tale, ha bisogno di un’ombra. E l’ombra di Shazam è popolata da alcune delle figure più bizzarre, inquietanti e potenti dell’intero universo DC. Se Black Adam è il più noto al grande pubblico, è solo la punta di una piramide molto più stratificata e pericolosa.

Tra questi avversari, uno dei più singolari è Mister Mind, che sfida ogni convenzione sul concetto di villain. Non ha muscoli d’acciaio, né un arsenale ipertecnologico: è un verme. Ma non un verme qualsiasi. Mister Mind è una creatura psionica venuta da Venere, capace di controllare menti a distanza, duplicarsi e lanciare incantesimi grazie a un’incredibile riserva di magia aliena. È anche l’ideatore della Monster Society of Evil, uno dei primi team di supercriminali nella storia dei fumetti. In alcune delle sue incarnazioni più recenti, Mister Mind si evolve in una creatura multiversale — l’Hyper-Fly — capace di divorare intere realtà. L’unica sua debolezza? Ha bisogno di una scatola vocale per parlare. Un dettaglio che non riduce la sua pericolosità, ma la rende ancor più disturbante.

Al suo fianco, spesso in contrasto e alle volte in alleanza, si muove il Dottor Sivana. La sua figura ricorda quella del classico scienziato pazzo, ma con un’intelligenza così superiore da sfidare persino il senso stesso della realtà. In epoche diverse lo vediamo sprovvisto di poteri, armato solo della sua mente, o capace di manipolare la magia come un negromante moderno. È l’inventore dello Suspendium, un tempo artificiale che ha riscritto le regole della scienza nei fumetti, e in alcune versioni è persino in grado di attraversare le pareti con equazioni. Se Mister Mind rappresenta l’anarchia mentale, Sivana è l’incubo razionale: una mente umana così fredda e geniale da sfiorare la divinità.

Con loro si forma la cosiddetta Trinità dei Mostri: Mister Mind, Sivana e Black Adam. Quest’ultimo, pur essendo il più “fisico” e conosciuto del trio, nasconde al suo interno una tragedia antica. Adam è un campione caduto, un eroe perduto, che ha trasformato il dono del potere in strumento di dominio. La sua visione della giustizia è quella dell’assoluto: dura, implacabile, tirannica. Proprio per questo rappresenta forse l’antagonista più speculare a Shazam, due facce di uno stesso potere divino.

Oltre a loro, la galleria dei nemici di Shazam si popola di figure che sembrano provenire da incubi alchemici o racconti mitologici distorti: Mister Atom, un androide a energia nucleare dotato di forza distruttiva planetaria; Re Kull, un sovrano preistorico con forza sovrumana e un odio primitivo per l’umanità; e i Sette Peccati Capitali, demoni ancestrali che incarnano l’eterno conflitto morale che ogni eroe deve affrontare.

E ancora: Sabbac, l’anti-Shazam che trae potere dai demoni, pronuncia il suo nome per trasformarsi in una creatura infernale; Captain Nazi, simbolo del superuomo ariano, creato durante la Seconda Guerra Mondiale; e i figli di Sivana, Georgia e Thaddeus Jr., giovani e brillanti, ma corrotti da un’educazione votata alla vendetta.

Shazam, a differenza di altri eroi, non combatte solo il crimine o il caos: affronta idee malate di potere, conoscenza, immortalità. Il suo mondo è popolato da minacce che non seguono le regole del realismo urbano di Gotham o della politica aliena di Krypton. È un pantheon dove scienza e magia collidono, e dove il vero scontro non è tra bene e male, ma tra ciò che l’uomo dovrebbe sapere e ciò che osa sfidare.

In un’epoca in cui gli eroi vengono analizzati come archetipi e gli antagonisti come specchi deformanti delle nostre paure, Shazam ci ricorda che il male può presentarsi in qualsiasi forma: un uomo, un dio… o un verme parlante venuto da un altro pianeta.



lunedì 14 luglio 2025

La notte eterna di Batman: perché l’anello di Lanterna Verde lo rifiuta

 


Nell’universo dei supereroi, le armi non sono solo strumenti, ma spesso riflessi dell’anima di chi le impugna. Tra le più iconiche, gli anelli del potere delle Lanterne Verdi rappresentano un'idea tanto affascinante quanto radicale: non basta essere forti o virtuosi, bisogna possedere la capacità di superare una grande paura. Questo criterio di selezione, inscritto nei codici degli anelli forgiati dai Guardiani dell’Universo, rappresenta un filtro che esclude non solo i codardi, ma anche coloro che non possono — o non vogliono — abbandonare le proprie paure. E Bruce Wayne, alias Batman, rientra proprio in questa categoria.

L'episodio chiave si trova in Green Lantern Vol. 4 #9 del 2006. Hal Jordan, la Lanterna Verde più famosa della Terra, porge a Batman il proprio anello per metterlo alla prova. È un gesto carico di tensione, quasi una sfida personale, ma anche una forma di rispetto. Bruce Wayne accetta. Indossa l’anello, cerca di usarlo, ma qualcosa lo trattiene. Il costrutto che genera è il riflesso stesso della sua origine: una proiezione dei suoi genitori, Thomas e Martha Wayne, poco prima che vengano assassinati in Crime Alley. Un momento potentissimo. Il cuore della sua tragedia personale materializzato davanti ai suoi occhi. Poi, però, Bruce fa ciò che ci si aspetta da lui: lascia andare l’illusione. “Non voglio. Non ancora”, dice. Poi si sfila l’anello e lo restituisce a Hal, ringraziandolo con una cortesia tanto formale quanto glaciale. È in quel gesto che si annida la verità: Batman non vuole superare quella notte. Non ancora.

Il punto è sottile, ma essenziale. Bruce può superare le sue paure, ma sceglie di non farlo. Non perché sia debole. Non perché sia vigliacco. Ma perché è Batman. E Batman esiste proprio in quella crepa emotiva lasciata aperta dal trauma della sua infanzia. È un uomo che ha incanalato il dolore in uno scopo, e che considera quella ferita un elemento imprescindibile della propria identità. Rinunciarvi significherebbe rinunciare a se stesso. Significherebbe forse guarire — ma perdere Batman.

La mitologia delle Lanterne Verdi è fondata su una dialettica molto precisa: la paura esiste, è naturale, ma chi è scelto dall’anello è colui che può elevarsi oltre essa. Non eliminarla, ma superarla. E proprio qui sorge l’ostacolo per Bruce. La sua forza, la sua disciplina, la sua tenacia non sono messe in discussione. Il problema è che la sua paura è anche la sua benzina. Il timore che altri bambini possano perdere i genitori a causa della criminalità, l’orrore di rivivere quell’istante, la paura costante del fallimento: tutto questo non viene combattuto in senso risolutivo, ma viene trasformato in uno scudo, in un’arma. Batman è, nel profondo, il simbolo della gestione della paura, non della sua trascendenza.

È per questo che il comportamento di Bruce si scontra con l’etica del Corpo delle Lanterne Verdi. Non è una questione morale, ma filosofica. Le Lanterne Verdi sono emissari di speranza, ordine, equilibrio. Batman è l'ombra che protegge Gotham con metodi che a volte rasentano la paranoia, un uomo che si alimenta di controllo e sorveglianza, che vive nell’ossessione di non ripetere l’errore originario. In un certo senso, Bruce è incapace di lasciare andare, perché non vuole lasciare andare. Se lo facesse, forse potrebbe finalmente dormire. Ma chi veglierebbe allora su Gotham?

Questa divergenza rende Batman uno dei personaggi più affascinanti dell’intero panorama fumettistico. A differenza di molti altri eroi, non è interessato alla redenzione o alla pace interiore. Il suo scopo non è raggiungere l’equilibrio, ma mantenere una forma funzionale di squilibrio. Esiste per compensare un’ingiustizia e per prevenire che accada ancora. Il che, paradossalmente, lo rende più umano di qualsiasi Lanterna. Perché mentre Hal Jordan o John Stewart possono affidarsi al potere cosmico della volontà pura, Bruce ha solo la sua mente, il suo corpo, la sua rabbia.

Tuttavia, questo non significa che Batman non sarebbe un eccellente membro del Corpo delle Lanterne, se solo lo volesse. Le storie alternative, come Batman: In Darkest Knight, immaginano un universo in cui Bruce riceve davvero l’anello. E il risultato è terrificante: un Batman con il potere illimitato dell’anello diventa quasi una divinità del controllo assoluto. In quelle trame speculative, il punto non è solo “e se Batman avesse il potere”, ma “cosa farebbe un uomo come lui, con quel potere”. La risposta è quasi sempre: lo userebbe in modo ossessivo, calcolato, spietato. Un’anomalia nel Corpo delle Lanterne.

È interessante anche notare che, sebbene non sia compatibile con il Corpo Verde, Batman abbia avuto interazioni significative con altre emozioni dello spettro: in Blackest Night, ad esempio, viene brevemente evocato come Black Lantern, simbolo di morte. In altri scenari alternativi, si è visto cosa accadrebbe se indossasse un anello rosso (rabbia) o addirittura uno giallo (paura), dimostrando che Bruce è un crocevia emotivo potentissimo, troppo potente forse per essere limitato da una sola sfumatura.

Quindi no, Batman non è stato scelto da un anello delle Lanterne Verdi, non perché sia manchevole, ma perché ha scelto di essere chi è. E chi è, esiste dentro la paura. Batman non vuole superarla. Non ancora. Perché la notte in cui morì Bruce Wayne è la stessa in cui nacque Batman. E l’anello, in fondo, non può brillare su ciò che si rifiuta di spegnere.


domenica 13 luglio 2025

Se i cattivi di Batman camminassero tra noi

Mi sono chiesto spesso che cosa accadrebbe se alcuni dei più famosi supercriminali di Gotham uscissero dalle pagine dei fumetti o dallo schermo per infilarsi nella nostra realtà. Un’ipotesi da romanzo distopico? Forse. Ma non tanto quanto si potrebbe pensare. I cattivi di Batman, più di molti altri nell’universo dei supereroi, sono archetipi inquietanti di disfunzioni reali. Uomini e donne spezzati, spesso spinti oltre il limite da traumi, ingiustizie, o un'intelligenza portata fino all’autodistruzione. Ma, tra tutti, chi funzionerebbe davvero nel mondo reale?

Chi, se esistesse oggi, rappresenterebbe una minaccia concreta, difficile da contenere?

Parto dal più suggestivo: Mr. Freeze. Il suo nome è sinonimo di tecnologia e tragedia. Dietro l’elmetto criogenico e la tuta refrigerante c’è Victor Fries, uno scienziato la cui disperazione per salvare la moglie malata lo trasforma in un uomo letteralmente congelato nel dolore. Ora, ipotizziamo che nella realtà esista una pistola in grado di congelare istantaneamente un bersaglio. Improbabile? Certo. Ma non totalmente impossibile. Le armi a microonde esistono. Le tecnologie di raffreddamento istantaneo sono oggetto di studio. Se un individuo dotato delle competenze di Fries riuscisse a sviluppare anche solo un rudimentale prototipo, gli effetti sarebbero devastanti. Una persona in grado di immobilizzare interi gruppi armati senza sparare un colpo sarebbe, nel mondo reale, una minaccia quasi insormontabile. Non parliamo di un delinquente qualsiasi, ma di uno scienziato motivato, spinto da un dolore personale, che non vuole distruggere il mondo, ma piegarlo al proprio scopo: curare l’amore della sua vita. È questo a renderlo pericoloso. Non la pistola, ma la determinazione assoluta. Il fatto che, in un certo senso, non si consideri neanche un criminale.

Passiamo all’Enigmista. Edward Nygma, il genio dei giochi mentali. Nei fumetti e nei film, il suo tratto distintivo è la compulsione a disseminare indovinelli e tracce che rivelano, in anticipo, le sue stesse mosse. È qui che la fantasia mostra la corda. Nella vita reale, un criminale non trarrebbe vantaggio dal comportarsi così. Se un terrorista inviasse indizi criptici su dove piazzerà la bomba, verrebbe intercettato molto prima dell’esplosione. L’Enigmista sarebbe quindi più una curiosità che una reale minaccia. Affascinante, certo, e dotato di un’astuzia fuori dal comune, ma fondamentalmente inefficace nel mondo reale. Trascorrerebbe il resto della vita a chiedersi perché nessuno prenda sul serio i suoi rompicapi.

Poi c’è lui. Il Joker. Ma non uno qualunque: quello interpretato da Heath Ledger ne Il Cavaliere Oscuro. È qui che il discorso cambia radicalmente. Quella versione del clown principe del crimine non è solo disturbata, è deliberatamente distruttiva. Un vero agente del caos, come lui stesso si definisce. Il punto non è tanto che sia geniale, quanto che sia disposto a morire pur di far esplodere le sue idee nel mondo. E in questo, ha una pericolosità che travalica ogni difesa tradizionale. Perché? Perché uno degli elementi fondamentali della deterrenza – la paura della morte – per lui non vale. I criminali più feroci, nella realtà, spesso sono quelli che non hanno più nulla da perdere. Ma il Joker di Ledger va oltre: ha scelto di non voler nulla, tranne l’entropia. Non cerca il denaro. Non desidera potere. Vuole solo vedere tutto bruciare. Se una mente come la sua esistesse davvero, e riuscisse ad accedere a risorse, armi, tecnologia… saremmo di fronte a un problema quasi insolubile. Ogni forza di polizia è progettata per contrastare il crimine razionale. Ma come si ferma un’idea che non ha paura di morire? Come si ferma un uomo che si traveste da clown per ridere mentre il mondo crolla?

E non è una domanda accademica. I profili psicologici degli attentatori suicidi, dei terroristi che compiono stragi senza la minima intenzione di sopravvivere, mostrano una verità che spesso ci rifiutiamo di affrontare: se togli a qualcuno il rispetto per la propria vita, diventa una bomba vagante. Il Joker, nel film, pianifica rapine in cui fa uccidere i suoi complici a catena, manovra le folle come pedine e mette alla prova la moralità stessa di Gotham. È un anarchico puro. E nel nostro mondo, l’anarchia pura è una fiamma che si spegne solo quando ha bruciato tutto.

Ora, immaginate invece il Joker di Cesar Romero. Sì, quello degli anni ’60, con il trucco da clown passato sopra i baffi che non voleva rasarsi. In quel caso, il crimine lascia il posto alla farsa. Sarebbe deriso dagli stessi criminali con cui tenterebbe di lavorare. Una figura tragicomica, incapace di incutere timore anche solo in un vicolo malfamato. Forse riuscirebbe a mettere insieme qualche colpo da piccolo truffatore, ma nessuna autorità lo considererebbe una minaccia sistemica. Sarebbe una curiosità locale, forse una celebrità di TikTok, ma non certo un nemico pubblico.

E poi c’è Tutankhamon. Un professore di Yale che, in seguito a un colpo alla testa, si convince di essere la reincarnazione del faraone egizio. Ogni trauma cranico lo fa ricadere nello stesso delirio megalomane. È chiaro che una figura del genere, nella realtà, non sarebbe mai un criminale attivo. Sarebbe probabilmente internato in una clinica psichiatrica. Chi prenderebbe il rischio di rilasciare un uomo che, a ogni urto, crede di governare l’antico Egitto? Nessun sistema giudiziario, per quanto disfunzionale, permetterebbe un simile errore. E in effetti il fascino di personaggi come Tutankhamon sta proprio nella loro assurdità narrativa. Sono caricature che funzionano solo in un mondo dove tutto è possibile e nulla è permanente.

Nel considerare l’efficacia dei nemici di Batman nel nostro mondo, emerge un paradosso interessante. I più realistici, i più pericolosi, sono quelli meno appariscenti. Quelli che rinunciano ai gadget iper-tecnologici, ai costumi teatrali, agli scherzi da circo. Il vero nemico, quello che potrebbe esistere tra noi, è quello che ha già rinunciato a tutto, compresa la propria salvezza. È la mente brillante che smette di avere speranza. È il caos incarnato, non nel trucco da clown, ma nella volontà distruttiva lucida, implacabile, irridente. È lì che la fiction diventa più vera della realtà. E forse è anche per questo che Batman, tra tutti i supereroi, è quello che ci spaventa e ci attrae di più: perché combatte contro mostri che ci somigliano fin troppo.



sabato 12 luglio 2025

“Il Joker di Freccia Verde? L’Arciere solitario e i suoi nemici dimenticati”

Green Arrow – o Freccia Verde, per il pubblico italiano – non ha mai avuto un nemico iconico alla stregua del Joker di Batman, del Lex Luthor di Superman o del Sinestro di Lanterna Verde. Non perché manchino gli avversari, ma perché la natura del personaggio stesso – e delle storie che lo circondano – ha sempre privilegiato il dramma umano, le questioni sociali, la politica e i dilemmi morali, piuttosto che l’epica binaria dell’eroe contro il suo perfetto opposto.

Tuttavia, se un nome può essere accostato a quello di un arcinemico per Freccia Verde, è Merlyn. Apparso per la prima volta in Justice League of America #94 nei primi anni ’70, Merlyn è l’arciere oscuro: un rivale tecnico, un’ombra in grado di eguagliare (e in alcuni casi superare) le abilità di Oliver Queen. In origine era solo un uomo ossessionato dalla sconfitta subita in un torneo di tiro con l’arco, ma nel tempo la sua storia si è arricchita di nuove sfumature, specialmente in seguito alla popolarità della serie televisiva della CW, Arrow. Qui Merlyn – Malcolm Merlyn, alias il Cavaliere Oscuro – è diventato una figura centrale, legata anche a Ra’s al Ghul e alla Lega degli Assassini, guadagnando una mitologia personale che nella versione cartacea era solo abbozzata.

Uno dei suoi momenti più intensi risale a Green Arrow #59, durante l’arco narrativo scritto da Judd Winick. In questa storyline, Merlyn si allea con il Dottor Light e orchestra un piano devastante: colpire non tanto Freccia Verde, quanto tutto ciò che ama. Non riescono a distruggere la “famiglia Arrow”, ma riescono a seminare il caos a Star City, lasciando cicatrici profonde. È un attacco personale, chirurgico, che ricorda – in tono minore – l’intensità con cui il Joker si insinua nella vita di Batman. Ma Merlyn non appare con la frequenza ossessiva del clown di Gotham, e forse è un bene: ogni sua apparizione, così, conserva una gravitas narrativa più marcata.

Accanto a lui, altri villain si contendono un posto nel pantheon dei nemici storici di Freccia Verde. Il Conte Vertigo è un avversario classico, nato come antagonista di Black Canary e poi diventato una costante minaccia per Ollie. Ma la sua presenza è irregolare, e spesso ridimensionata nel corso degli anni. Un tempo figura tragica e disturbata, oggi è più un personaggio di contorno che un motore della narrazione.

Più concreto, nel mondo criminale di Star City, è Brick. Creato da Judd Winick, Brick è un boss della malavita dalla pelle impenetrabile e dalla mente astuta: una sorta di Kingpin per Freccia Verde, più orientato al controllo territoriale e alla supremazia sociale che non alla vendetta personale. È il simbolo del crimine organizzato contro cui Ollie lotta non solo con arco e frecce, ma anche con la sua attività politica e sociale.

E poi c’è Deathstroke. Nato come nemico dei Teen Titans, Slade Wilson è un mercenario spietato, e uno dei personaggi moralmente più ambigui dell’universo DC. Ha incrociato più volte la strada di Freccia Verde, soprattutto nella serie di Mike Grell e poi in quella di Judd Winick. Alleati riluttanti in alcune occasioni, rivali mortali in altre, i due hanno sviluppato una dinamica tesa e credibile, ulteriormente rafforzata dall’adattamento televisivo. In Arrow, Slade è tra gli antagonisti più letali, un riflesso oscuro delle debolezze e degli errori del protagonista.

Tuttavia, la critica spesso muove un’obiezione ricorrente: Freccia Verde non ha una galleria di villain all’altezza. Una galleria che, per quantità e qualità, possa essere paragonata a quella di altri “big” DC. Ma questo è anche uno dei punti di forza del personaggio. L’assenza di un nemico iconico permette alla narrativa di concentrarsi su ciò che rende Freccia Verde davvero interessante: la sua dimensione politica, il suo spirito ribelle, il suo essere eroe per scelta e non per destino.

Oliver Queen è un uomo che ha fatto molti errori, che spesso si mette in discussione, che lotta per cause più grandi di sé – e che non ha bisogno di uno specchio deformante come il Joker per rendere le sue storie potenti. In effetti, il suo peggior nemico è spesso se stesso. E quando una freccia manca il bersaglio, non è sempre per colpa del vento.