Nel vasto e complesso universo DC, pochi rapporti sono tanto
intricati, violenti e tragici quanto quello tra Lady Shiva
e Cassandra Cain.
La loro relazione, fondata su
sangue, silenzio e destino, non è quella di una madre e una figlia
comuni: è il legame tra una creatrice e la sua arma.
Per capire perché Lady Shiva ha trattato Cassandra come uno strumento di morte e non come una persona, bisogna risalire alle origini di entrambe, alle loro ideologie opposte e a ciò che per loro significa “vita”.
Lady Shiva (Sandra Wu-San) è da sempre considerata una
delle più grandi artiste marziali del mondo DC Comics.
Nel
suo universo, la vita è un campo di battaglia, e il combattimento è
l’unica forma di verità.
Per Shiva, la purezza
dell’essere non si trova nelle emozioni o nelle relazioni,
ma nella perfezione della tecnica e nella ricerca
del limite estremo: l’istante in cui vita e morte si toccano
attraverso il colpo perfetto.
Non prova pietà, non conosce compassione. Ogni essere umano, ai
suoi occhi, è una potenziale sfida — o un fallimento.
In questo
contesto, la maternità non è amore, ma eredità del sangue
e della forza.
Quando decise di mettere al mondo
Cassandra, non lo fece per generare una figlia, ma per forgiare
l’essere umano definitivo, capace di incarnare il
linguaggio del combattimento meglio di chiunque altro.
Il padre di Cassandra, David Cain, era uno dei
più spietati assassini del mondo, un agente segreto e sicario al
servizio della Lega degli Assassini.
Cain e Shiva condivisero un
unico obiettivo: creare l’arma perfetta.
Per
questo, privarono Cassandra della normale comunicazione: non le
insegnarono mai a parlare, leggere o scrivere.
Il suo cervello fu
condizionato fin da bambina a interpretare il linguaggio
corporeo come una forma di linguaggio universale — ogni
movimento, tensione muscolare o respiro diventavano parole.
Questo addestramento brutale le permise di leggere le
intenzioni dell’avversario con una precisione sovrumana,
rendendola un’assassina inarrestabile.
Ma al prezzo più alto:
Cassandra non sviluppò un senso dell’identità
personale.
Per lei, combattere era vivere. Il sangue,
l’unico linguaggio che conosceva.
Tutto cambiò quando Cassandra, ancora adolescente, uccise
per la prima volta.
Fu in quell’istante che comprese il
significato della morte, non come concetto, ma come trauma.
Per la
prima volta percepì l’umanità di chi aveva
davanti — e il vuoto che la separava da essa.
Sconvolta, fuggì dal controllo di Cain e Shiva, cercando
redenzione e un nuovo scopo.
Questo la portò a Gotham, dove trovò
in Batman e Barbara Gordon (Oracle) figure di
riferimento, mentori e modelli morali.
Con loro, Cassandra divenne
Batgirl, iniziando un lungo cammino verso la
scoperta del sé.
Quando Lady Shiva ritrovò Cassandra, non vide una figlia
perduta.
Vide un fallimento.
Una creatura che
aveva scelto di rinunciare al proprio dono — l’arte del
combattimento — per abbracciare la morale, la compassione, la
redenzione.
Per Shiva, l’umanità è un lusso, un difetto.
Nel suo credo,
l’emozione annebbia la tecnica; il rimorso è un veleno che corrode
la perfezione.
Ecco perché ha sempre trattato Cassandra come
un’arma, e non come una persona:
perché per lei, Cassandra fu creata per combattere, non per vivere;
perché l’amore materno, nella sua visione, è un atto di possesso, non di cura;
perché il suo modo di “amare” è mettere alla prova, distruggere e ricostruire.
Quando le due si affrontano, Shiva non combatte per odio: combatte
per riconoscere se stessa nella figlia.
Vuole
vedere se Cassandra ha conservato ciò che lei considera sacro — la
perfezione marziale — o se è diventata troppo “umana” per
meritare il proprio retaggio.
La grandezza di Cassandra sta proprio nel fatto che ha
scelto di essere più della sua creazione.
Sebbene sia
nata per uccidere, ha trasformato il linguaggio del corpo in uno
strumento di protezione, empatia e giustizia.
Ha
dimostrato che comprendere il movimento altrui non serve solo a
prevedere un colpo, ma anche a sentire il dolore dell’altro.
Quando combatte, Cassandra non distrugge per vincere,
ma per difendere.
È l’esatto opposto di Lady Shiva — e
proprio per questo, il suo più grande successo.
Shiva, tuttavia, non lo ammetterà mai apertamente.
Nel
profondo, probabilmente riconosce la forza della figlia, ma non è in
grado di esprimerla se non attraverso la violenza.
Ogni scontro
tra loro è una forma distorta di comunicazione, un dialogo fatto di
colpi, silenzi e sangue.
La relazione tra Lady Shiva e Cassandra Cain è uno dei drammi più
potenti e complessi del fumetto moderno.
Non si tratta solo di
madre e figlia, ma di due visioni del mondo inconciliabili:
Shiva rappresenta la perfezione senza umanità;
Cassandra rappresenta l’umanità nata dall’imperfezione.
Shiva vede in Cassandra ciò che lei non potrà mai essere:
qualcuno che combatte non per sé, ma per gli altri.
Eppure, anche
se non lo ammette, quella parte di sé — quella che un tempo
avrebbe potuto amare, invece di dominare — sopravvive nella figlia.
In questo senso, Cassandra non è solo l’arma perfetta, ma la dimostrazione vivente che perfino l’avarizia della morte può generare compassione.
Lady Shiva ha trattato Cassandra Cain come un’arma perché non
sapeva fare altro.
Il suo mondo non conosce l’amore,
solo il potere, il controllo e il duello.
Ma nel tentativo di
forgiare una macchina di morte, ha creato qualcosa di
inaspettato:
una guerriera che ha scelto la vita.
Cassandra Cain non è la figlia che Shiva voleva, ma è la
figlia di cui il mondo aveva bisogno.
E in questo,
paradossalmente, Shiva ha davvero raggiunto la perfezione — non
come assassina, ma come madre.
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