Supereroi
«diversi», ma non emarginati
In questa categoria possiamo, invece,
incasellare tutti quei supereroi portatori di una diversità sociale
accettata, anche se problematicamente, dall'opinione pubblica.
L'eroe che possiamo senza dubbio
assurgere ad emblema di questa condizione, è l'avvocato non vedente
Matt Murdock, alias Daredevil, the Man without Fear.
Qualche parola merita di essere spesa
per questo eroe, che fu un gran balzo in avanti per la Marvel: si
passò a trattare una menomazione senza che questa fosse una sorta di
finzione, come nel caso di Thor e, inoltre, si inventò il supereroe
che, i suoi problemi, li porta con sé anche dopo la trasformazione e
che, dunque, non se ne libera. Certo, Devil può supplire facilmente
al suo svantaggio, capovolgendolo in vantaggio, perché, il giorno in
cui ha perso la vista a causa di un isotopo radioattivo che lo ha
colpito sugli occhi, ha guadagnato un'acutizzazione di tutti gli
altri sensi (può riconoscere l'identità o la posizione di una
persona, o se la stessa sta per impugnare una pistola, dal battito
del cuore). Resta, però, pur sempre un non vedente e ciò gli
comporta una serie di privazioni, soprattutto nella vita privata, ma
non solo.
Il trucco narrativo di cui si è già
parlato a proposito di Superman, persiste. Matt Murdock è un
avvocato e lotta, senza mai dubitare, per la legalità. Il pubblico
lo sa e, così, l'opinione pubblica rappresentata, lo considera un
eroe assolutamente positivo.
In realtà, una forma di
autoemarginazione potenziale è presente in quest'eroe notturno e
solitario, che lo porterà ad essere protagonista, nei primi anni
'90, di una delle saghe più cruente, tragiche e distruttive della
figura del supereroe: la saga dell'assassinio di Elektra, che
analizzeremo in dettaglio nei paragrafi successivi.
Questa maledizione in nuce, che sfocerà
vent'anni dopo la sua creazione, non scalfirà mai, comunque, la
positività del suo operato, intaccherà, invece, solo la sua
interiorità e la dialettica sarà, quindi, solo soggettiva.
Tutt'altro accadrà, con una
dialettica, invece, fra soggetto ed oggetto, con i supereroi
emarginati di cui ci occuperemo di seguito.
Un altro eroe “diverso”, ma
accettato dal pubblico sarà Black Panther. Il nome già rivela
l'origine africana di questo eroe e l'esplicita attenzione nei
confronti dell'emancipazione degli afro-americani da parte della
Marvel. Il principe T'Challa dell'ipotetico stato africano di
Wakanda, ha, anch'egli scelto un percorso allineato, avendo studiato
nelle migliori scuole europee ed americane ed avendo accettato di far
parte del gruppo governativo di supereroi, ovvero degli Avengers
(analizzeremo più oltre la distinzione tra supergruppi governativi e
non governativi). Comparve per la prima volta nel 1966 sul numero 52
della serie Fantastic Four e fu, quindi, il primo supereroe africano
o afro-americano. Seguiranno Falcon, nel 1969, anch'egli Avenger, e,
dunque, non emarginato. Interessante è il caso di Luke Cage, che nel
1972 espliciterà ulteriormente la tematica, essendo originario di
Harlem. Cage non sarà un emarginato vero e proprio, ma non sceglierà
di combattere il crimine per ideale, quanto per soldi. È
interessante notare come il presupposto di essere nato a Harlem lo
condurrà, da uomo che vive ai margini della società, ad essere un
eroe molto ai confini col concetto stesso di eroe, tanto da
autodefinirsi Hero for hire. Ripercorriamo la storia di questo eroe
al fine di evidenziare quanto, nel mondo Marvel (come nella vita,
appunto) il confine tra bene e male sia estremamente labile. Nel
mondo DC la storia seguente avrebbe generato senza dubbio un
criminale, qui genera un eroe, ma mercenario. “Luke Cage learned to
be a man on the streets of Harlem. Most often, he could be found
fleeing the scene of a petty crime with childhood friend Willis
Stryker. But as the two matured, Cage took odd jobs to earn money,
while Stryker turned to a crime as a profession. The young men also
became rivals for the affections of Reva Connors, who chose Cage over
Stryker. Insanely jealous, Stryker planted two kilograms of heroin in
Cage's apartment and tipped off the police. After Cage was arrested
and incarcerated, Reva was killed in a mob hit targeting Stryker.
From prison, Cage swore vengeance against his former friend. Consumed
with rage, he frequently engaged in brawls and attempted escape.
Cage's reprehensible behaviour landed him in Seagate, a
maximum-security facility in Georgia. He was approached by research
psychologist Noah Bernstein, who promised to help him secure parole
in exchange for participation in an experiment […]. Once the
process had begun, racist correctional officer Albert Rackham […]
manipulated the machine's controls hoping to either maim or kill
Cage. Rackam unintentionally advanced the experiment beyond its
original design, inducing a body-wide mutagenic effect that enhanced
Cage's body tissue and strength […]. Returned to New York […]
Cage interrupted a robbery at a diner. When the owner offered him a
cash reward, Cage was inspired to put his newfound powers to use for
profit” (Brady, New York, 2002, p. 101). Troveremo, poi, altri
supereroi appartenenti a minoranze etniche, come Shaman in
rappresentanza dei nativi americani. Molti di essi saranno mutanti
(vedi oltre). Un altro Avenger che merita di essere annoverato nella
categoria dei “diversi” ma non emarginati è Iron Man, ovvero
Anthony Stark. Anche qui, come in Devil, se c'è un disagio, è tutto
interiore, ma il popolo della finzione Marvel non lo emarginerà.
Egli, infatti, è uno dei capitalisti più importanti della nazione
(finanziatore, dunque, anche degli Avengers), ma è un ex
alcolizzato, che non chiuderà mai definitivamente il suo rapporto
con la bottiglia (che tiene sempre nel cassetto) e un cardiopatico.
Dramma interiore, quindi, ma riconoscimento assoluto da parte del
pubblico della sua rettitudine, in quanto capitalista (e, quindi,
sicuramente non anti-americano). Nella finzione Marvel Iron Man è,
ufficialmente, la guardia del corpo di Stark, ma, in segreto, si
tratta di un'armatura per Stark, il quale tra l'altro ha una sorta di
dipendenza nei confronti di questa corazza (dopo quella nei confronti
dell'alcool) perché vi è un dispositivo che gli regola il cuore.
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