"Cosa mia! Solo mia!" — questa frase, urlata con disperata ossessione, riassume l’essenza di uno dei personaggi più strani e affascinanti mai usciti dall’universo DC: Larfleeze, noto anche come Agente Arancione. Creato nel 2008 dallo scrittore Geoff Johns e dall’artista Ethan Van Sciver, Larfleeze ha debuttato in Lanterna Verde vol. 4 n. 25, entrando rapidamente a far parte della mitologia cosmica che circonda Hal Jordan e il Corpo delle Lanterne. Ciò che lo rende iconico non è solo il suo ruolo di antagonista, ma la sua natura di incarnazione vivente dell’avidità assoluta, un vizio umano trasposto in chiave cosmica e reso protagonista di un’intera saga narrativa.
La sua origine è avvolta in ombre di mito e leggenda. Proveniente dal pianeta Ogatoo, Larfleeze appartiene a una specie antichissima, con una longevità che si misura in miliardi di anni. Rapito da giovane e ridotto in schiavitù, sviluppò un rapporto patologico con il concetto di possesso: ogni oggetto, ogni bene materiale “chiamava” a sé la sua brama insaziabile. Da criminale interstellare, la sua parabola lo portò a scoprire la batteria della Luce Arancione, che da allora custodisce con ferocia, non permettendo a nessun altro di impugnarne il potere. Il prezzo? Una fame eterna, un vuoto che non può mai essere colmato.
Se la backstory lo colloca in una dimensione tragica, è la sua personalità a renderlo irripetibile. Larfleeze è un paradosso: onnipotente e miserabile al tempo stesso. Vive circondato da un esercito di costrutti arancioni — proiezioni create dalle anime che ha letteralmente sottratto alle sue vittime — eppure resta un essere solo, incapace di condividere. Le emozioni, per lui, non hanno alcun valore: amicizia, amore, lealtà non esistono. Esiste solo il possesso. Questa sua assolutezza lo trasforma in un simbolo universale dell’avidità, un tema che attraversa la storia umana ben oltre i confini dei fumetti, e che in Larfleeze trova una forma estrema e grottesca.
L’impatto culturale del personaggio è stato immediato. Introdotto durante le grandi saghe La Notte Più Profonda (Blackest Night) e Il Giorno Più Luminoso (Brightest Day), Larfleeze ha fornito un contrappunto ironico e inquietante al dramma epico delle Lanterne. È diventato così riconoscibile da meritarsi perfino un albo natalizio speciale, Larfleeze Christmas Special (2009), dove il suo egoismo veniva raccontato con una satira pungente sul consumismo moderno. A livello di merchandising, la sua estetica mostruosa e caricaturale ha ispirato action figure, statue da collezione e persino cosplay, diventando un cult tra i fan DC.
Dal punto di vista dei poteri, Larfleeze è forse l’avversario più temibile mai incontrato dalle Lanterne. L’anello arancione gli garantisce abilità già di per sé straordinarie: volo, proiezione di energia, manipolazione della materia e persino dell’anima. A differenza degli altri Corpi dello Spettro Emozionale, però, Larfleeze è l’unico detentore del suo colore: non esiste un vero Corpo delle Lanterne Arancioni, ma solo lui e i suoi costrutti, copie spettrali di chi ha sconfitto. La sua estetica visiva — un alieno scheletrico, con tratti animaleschi e un costume arancione sgargiante — è cambiata poco negli anni, a testimonianza di una coerenza che rispecchia la fissità ossessiva del personaggio.
Cosa rende Larfleeze memorabile? Forse il fatto che, pur essendo un villain, non è mosso da piani di conquista universale o ideali distorti. È semplicemente, disperatamente, egoista. In un universo di eroi e antieroi definiti da conflitti morali complessi, lui rappresenta un’ossessione primordiale e immediata: il desiderio di avere tutto e di non cedere nulla.
E allora, la domanda finale è inevitabile: Larfleeze è solo un mostro alieno, o lo specchio esagerato delle stesse pulsioni che animano la nostra società? In fondo, cosa distingue davvero la sua brama cosmica dall’avidità che alimenta mercati, imperi e ambizioni umane?