Nel vasto e complicato universo Marvel, pochi personaggi incarnano le contraddizioni dell’eroismo quanto Namor il Sub-Mariner. Sovrano di un regno sommerso, mutante dalla doppia natura e figura antieroica per definizione, Namor McKenzie è spesso percepito come arrogante, impulsivo, persino pericoloso. Eppure, nonostante i suoi eccessi e le sue scelte moralmente ambigue, gli eroi della Terra – e i lettori – continuano a tollerarlo. Alcuni lo temono, molti lo disprezzano, ma quasi tutti, nel momento del bisogno, gli tendono la mano. Perché?
Namor non è un supercriminale. Non è Thanos, non è Magneto, e nemmeno Loki. Ma non è neanche un eroe tradizionale. È una figura ibrida, talvolta alleata degli Avengers, talvolta loro oppositore. È un uomo il cui temperamento ribolle come le profondità oceaniche da cui proviene, ma le cui motivazioni sono, nella maggior parte dei casi, comprensibili e persino nobili.
Nei suoi momenti peggiori, Namor è stato responsabile di atti violenti e aggressioni su vasta scala. Eppure, l’universo Marvel non lo colloca mai nella galleria dei “malvagi irriducibili”. La ragione risiede nel suo profilo morale stratificato: Namor agisce per il suo popolo. Come sovrano di Atlantide, le sue priorità sono profondamente radicate nella difesa del suo regno, dei suoi sudditi e del suo diritto di esistere in un mondo che ha spesso minacciato di distruggerlo.
Le recenti serie come Invaders (2019) e Marvel Snapshots offrono una prospettiva umana sulla figura di Namor, andando oltre la superficie del suo comportamento spigoloso. L’uomo che si è trovato a combattere i nazisti al fianco di Capitan America e la Torcia Umana originale ha vissuto orrori indicibili. Ha visto gli effetti dell’Olocausto, ha pianto per i crimini dell’umanità, ha assistito alla distruzione nucleare e ha subito manipolazioni psichiche devastanti, perfino da parte di Charles Xavier.
Questi eventi non giustificano i suoi errori, ma ne contestualizzano la natura. Il Namor che sfida i suoi pari in battaglia (Namor #7, 2024), ma si rifiuta di ucciderli; il Namor che abbandona il proprio trono per creare una nuova Atlantide unita e democratica; il Namor che, pur avendo il potere di dominare, sceglie di servire: è il frutto di una lunga lotta interiore, non di follia.
Uno degli aspetti più rivelatori è il continuo rispetto che Capitan America nutre per Namor. Steve Rogers, emblema dell’integrità morale, non si fiderebbe mai di qualcuno incapace di redenzione o indifferente alla giustizia. Eppure, nel corso degli anni, Cap ha scelto Namor come alleato, come confidente, persino come amico. Perché?
Perché Cap conosce Namor nella sua essenza: un uomo che sbaglia, sì, ma che cerca sempre – anche se a modo suo – di fare ciò che è giusto. In Invaders #12, quando Namor mette da parte l’orgoglio per ascoltare il consiglio di Capitan America e risparmiare un nemico, mostra chiaramente dove risieda la sua bussola morale: nel dovere, non nel dominio.
Una delle scelte più radicali e illuminate di Namor avviene proprio nel culmine del conflitto interno tra i regni sottomarini. Dopo aver dimostrato la sua superiorità militare, Namor non si incorona imperatore: rinuncia al trono. In un atto che pochi leader nella storia della narrativa supereroistica possono vantare, abolisce la monarchia, istituisce un nuovo ordine democratico e lascia il potere non per egoismo, ma per costruire qualcosa di più grande del suo nome.
Non c’è gloria nel suo gesto, né un ritorno personale. C’è consapevolezza. C’è maturità. C’è leadership.
Quando il destino del pianeta è in bilico, Namor è spesso tra i primi ad agire. In diverse storyline, ha salvato il mondo accanto agli X-Men, ha affrontato minacce cosmiche, ha protetto l’oceano da invasori interdimensionali. Non è l’eroe che ti salva sorridendo: è quello che ti salva mentre ti insulta.
Eppure è presente. Sempre.
Namor è l’eroe che non chiede approvazione. È colui che prende decisioni difficili, che mette i suoi ideali davanti alla propria reputazione. Ed è forse proprio per questo che la comunità eroica della Marvel continua a tollerarlo: perché sanno che quando tutto sarà perduto, Namor ci sarà. Non per vanagloria, ma per dovere. Perché sotto la superficie ruvida, batte il cuore di un sovrano pronto a sacrificarsi.
E allora, alla domanda: “Perché la gente sopporta Namor?”, la risposta non è affatto indulgente.
La gente sopporta Namor perché è necessario.
Perché, nonostante tutto, ha salvato più vite di quante ne abbia messe a rischio. Perché è uno specchio delle nostre contraddizioni: ego e altruismo, orgoglio e compassione, potere e responsabilità. Perché ci ricorda che essere giusti non significa essere perfetti, ma scegliere, ancora e ancora, la cosa giusta anche quando costa tutto.
E come ha detto qualcuno:
NESSUNO MANCHERÀ DI RISPETTO
AL FIGLIO VENDICATORE.
Rispettate Namor. Non perché è
simpatico. Ma perché, in un mondo che annega nel caos, lui sa ancora
nuotare controcorrente.