“Perché l’Europa non ha supereroi?” È una domanda che, se posta con leggerezza, può sembrare un’innocua provocazione. Ma se presa sul serio, rivela un fraintendimento culturale più profondo: l’idea che i supereroi, per essere tali, debbano necessariamente indossare tutine in spandex, vivere a New York (mascherata da Metropolis o Gotham) e combattere il crimine con un misto di poteri paranormali e traumi irrisolti. Eppure, scavando nella memoria culturale del continente europeo, ciò che emerge è un pantheon di figure mitiche, leggendarie e letterarie che incarnano proprio gli archetipi dell’eroe sovrumano. Solo, come spesso accade da questa parte dell’Atlantico, lo fanno con meno fanfara e più stratificazione storica.
Il caso più emblematico? Ercole. O, per i più filologici, Herakles. Protagonista di imprese ciclopiche, dai mostri alle fatiche impossibili, è forse il primo esempio di “superumano” nella cultura occidentale. È stato divinizzato, immortalato nell’arte e – cosa significativa – continua a comparire nei media moderni, incluso il Marvel Cinematic Universe. Non è un caso se la stessa Hollywood, quando ha voluto un dio con il martello, ha attinto al folklore norreno per sfornare Thor, completo di mantello, muscoli e martellone. Altro che assenza di supereroi europei: sono le fondamenta stesse del concetto moderno.
Lo stesso vale per Robin Hood, genio dell’arco e maestro del travestimento. Le sue gesta, a metà tra leggenda e cronaca, risalgono almeno al XIII secolo. Ruba ai ricchi per dare ai poveri, sfida l’autorità corrotta, combatte per la giustizia: è un archetipo supereroico ante litteram. Non a caso, ispirerà figure come Occhio di Falco e Freccia Verde. E mentre la DC Comics sforna vigilanti in calzamaglia, la tradizione britannica può contare su un fuorilegge dal cuore nobile che affronta lo Sceriffo di Nottingham con arco e cervello.
E poi c’è Merlino. Magia, profezie, alleanze segrete, un apprendista re (Artù) e un’epica tavola rotonda. Se Doctor Strange ha un predecessore, non è certo uno stregone tibetano, ma il mago bretone per eccellenza. La saga arturiana – con cavalieri, spade leggendarie, profezie e mostri – ha tutti gli ingredienti della moderna narrativa supereroistica, solo declinati in chiave medievale, simbolica e profondamente europea.
Chi pensa che tutto ciò sia folklore, dimentica che anche i supereroi americani hanno radici mitologiche. Superman è un Mosè alieno cresciuto in Kansas. Batman è il Conte di Montecristo in versione noir. Hulk è l’eco furiosa del dottor Jekyll e Mr. Hyde. Il parallelismo è fin troppo evidente. Anzi, spesso le figure europee sono direttamente riciclate nelle narrazioni a stelle e strisce. Si prenda La Lega degli Straordinari Gentlemen di Alan Moore: una squadra composta da personaggi letterari europei – Mina Harker, Allan Quatermain, l’Uomo Invisibile, Jekyll/Hyde – riletti come un team di supereroi ante litteram. Basta spostarli di contesto per renderli perfettamente compatibili con i gusti moderni.
Certo, si potrebbe obiettare che l’Europa non ha una Marvel o una DC Comics. Ed è vero: l’industria del fumetto europeo ha avuto uno sviluppo differente, meno uniforme e più legato alla tradizione autoriale. Ma le eccezioni non mancano.
Judge Dredd, partorito dalle pagine della britannica 2000 AD, è un vigilante distopico di feroce attualità. Tank Girl, caotica, punk e anarchica, è figlia di una cultura fumettistica radicale. E se è vero che le loro storie sono ambientate in un futuro iperamericano o in una Australia post-apocalittica, l’imprinting europeo è innegabile.
L’assenza di supereroi europei è un mito narrativo, alimentato da un immaginario globale dominato dalle majors statunitensi. Ma scavando un po’ sotto la superficie, ci si accorge che l’Europa ha creato gli archetipi su cui si regge l’intera mitologia supereroica contemporanea. Solo che, anziché pubblicarli in serie mensili, li ha affidati ai secoli, alla letteratura, alla mitologia. E in fondo, basta un mantello (o una spada) per trasformare un eroe leggendario in un supereroe. Da noi succedeva già quando New York era ancora solo un villaggio olandese chiamato Nieuw Amsterdam.