giovedì 5 marzo 2020

Wonder Man (Fox Publications)

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Wonder Man è un personaggio immaginario ideato da Will Eisner ed esordito nel primo numero della serie Wonder Comics, del maggio 1939. Il personaggio è stato la prima imitazione di Superman e divenne oggetto di una causa per plagio da parte della DC Comics, detentrice dei diritti su Superman, che ne decretò legalmente la morte editoriale.

Storia editoriale
Il personaggio esordì con una storia di 14 pagine pubblicata nel primo numero della prima serie a fumetti in formato comic book edita dalla Fox Feature Syndicate, Wonder Comics, a maggio 1939. Il personaggio di Superman era esordito solo un anno prima. All'epoca il processo che dalla ideazione portava alla pubblicazione era molto lungo ed essere riusciti a creare un plagio di una serie a fumetti in meno di un anno è stato comunque un risultato notevole. Si potrebbe ritenere che l'editore avesse avuto accesso a informazioni privilegiate e infatti il fondatore, Victor S. Fox, aveva lavorato per un certo periodo alla DC Comics, e potrebbe avere fiutato l'affare una volta viste le vendite di Superman.
Will Eisner insieme a Jerry Iger gestivano uno studio che forniva su richiesta agli editori un prodotto pronto per la pubblicazione. Gli venne data dalla Fox una sola specifica per il lavoro richiesto, ovvero che fosse simile a Superman il più possibile. Eisner rispettò le specifiche richieste anche se non fu molto contento della richiesta ma non era neanche ben consapevole dei rischi legali. Comunque il personaggio venne creato come era stato richiesto.
La DC Comics non perse tempo e denunciò subito per plagio la Fox. Eisner ricordando in una intervista della causa della DC alla Fox disse che si vide costretto a confermare le accuse; tuttavia dalla trascrizione del processo scoperta da Ken Quattro nel 2010, viene rilevato che Eisner sostenne la Fox affermando che Wonder Man era una sua originale creazione. Comunque alla fine la causa venne persa e la Fox dovette ritirare il personaggio.

Personaggio
Il personaggio si chiamava Fred Carson, ed era un normale ragazzo che lavorava come tecnico per una compagnia chiamata International Broadcasting. Durante una vacanza in Tibet, entra in contatto con uno yogi che gli fornisce un anello magico con il quale sconfiggere il male. Indossando l'anello, Fred diveniva veloce come un proiettile e potente come una locomotiva, capace di saltare un edificio con un balzo. L'analogo di Lois Lane era Brenda Hastings, la quale disprezzava Fred ma era invece affascinata da Wonder Man.



mercoledì 4 marzo 2020

Joseph Barbera

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Joseph Roland "Joe" Barbera (New York, 24 marzo 1911 – Los Angeles, 18 dicembre 2006) è stato un produttore televisivo, produttore cinematografico e regista statunitense. Assieme a William Hanna ha formato un sodalizio artistico molto prolifico nel campo dei fumetti e dei cartoni animati e fondato l'omonima casa di produzione.

Le origini
Barbera nacque a Little Italy, nel Lower East Side di Manhattan (New York), il 24 marzo del 1911, figlio di immigrati italiani, Vincent Barbera (nato Vincenzo Barbera) e Francesca Calvacca, originari rispettivamente di Castelvetrano (in provincia di Trapani) e di Sciacca (in provincia di Agrigento). Comincia ben presto a lavorare come ragioniere e, nel 1929, prova ad inventarsi come disegnatore di vignette umoristiche. Nel 1932 diventa animatore e sceneggiatore per lo studio Van Beuren e nel 1937 approda alla casa cinematografica Metro Goldwyn Mayer. È deceduto a Los Angeles il 18 dicembre 2006 all'età di 95 anni concludendo una carriera durata 70 anni, verrà sepolto nel Forest Lawn Memorial Park di Glendale, California.
Il suo ultimo cartone animato è stato L'arte del karate del 2005. Le ultime serie da lui prodotte sono state Le nuove avventure di Scooby-Doo, Shaggy e Scooby-Doo (prima stagione) e Tom & Jerry Tales (prima stagione) mentre i sui ultimi lungometraggi furono Tom & Jerry e la favola dello schiaccianoci e Stai fresco, Scooby-Doo!, prodotti nel 2006 e distribuiti nel 2007.

La carriera alla MGM
Nel 1938 avvenne l'incontro con il giovane William Hanna, quando questi entra a far parte del settore fumetti della MGM, dove Joseph Barbera già lavorava come soggettista e animatore. Grazie al coordinatore del settore, Fred Quimby, i due cominciano a lavorare assieme. Per quasi un ventennio realizzano e coordinano il lavoro di uno staff che produrrà più di 200 cortometraggi della serie Tom & Jerry. Barbera scriveva le storie, disegnava gli schizzi e inventava le gag, Hanna si occupava della regia. Nel 1955 i due sostituirono Fred Quimby come responsabili dell'équipe di animazione e firmarono i successivi cartoons come direttori, rimanendo alla MGM sino al 1957, anno in cui il settore cartoons fu chiuso. I due artisti decisero di fondare una loro casa di produzione.

La Hanna-Barbera Productions Inc.
Nel 1957 assieme a William Hanna fonda l'omonima casa di produzione, Hanna-Barbera, con uno studio a Hollywood presso 3400 Cahuenge Boulevard.
Lo studio si ingrandì progressivamente sino a raggiungere un predominio incontrastato, in particolare nelle realizzazioni televisive seriali. Lo studio contava allora 800 dipendenti fissi e aveva raggiunto un traguardo di oltre 4.500 contratti per il merchandising dei propri personaggi.
Le produzioni, in particolare negli anni ottanta, sono contraddistinte da una serie di tecniche per realizzare a costi contenuti i cartoni animati delle serie televisive. La tecnica considera un disegno bidimensionale molto semplice, sia per i personaggi sia per i fondali; nessun uso del tridimensionale, della prospettiva o inquadrature particolari (carrellate), nessun ricorso a ombre e sfumature ma uso di colori uniformi. I movimenti dei personaggi sono ricorrenti, nelle azioni i fondali spesso si susseguono ciclicamente e le uniche parti in movimento sono limitate alle gambe e alla testa, i movimenti dei visi sono limitati alla sola bocca.
Nonostante il successo commerciale, anche a causa dei crescenti costi di produzione, la Hanna & Barbera venne ceduta e assorbita, assieme alla consociata Ruby-Spears, dal gruppo Taft Entertainment.

I cartoni animati
  • Per la MGM
    • Tom & Jerry 1940 A partire dal 1980 la serie fu ripresa ma senza riuscire a rinverdire i vecchi successi.
  • Per la Hanna-Barbera Productions
    • Ruff & Reddy - 1957
    • Huckleberry Hound (Braccobaldo) - 1958
    • Wacky Races (Le corse pazze)
    • Yogi Bear (Orso Yoghi)
    • The Flinstones (Gli Antenati) - 1960
    • The Jetsons (I Pronipoti)
    • The Pink Panther (La Pantera Rosa) 1964
    • Scooby Doo - 1969 (La serie continua ancora oggi)
    • Hair Bear (Napo Orso capo) - 1972
    • Schtroumpfs (I Puffi) - 1982



martedì 3 marzo 2020

Marvel e DC hanno mai scritto un fumetto insieme?

Oltre alle battaglie del secolo hanno un universo condiviso, l'universo Amalgam, dove ci sono versioni di personaggi Marvel e DC mescolati tra loro. Qui ci sono alcuni esempi.



Dark Claw, fusione di Batman e Wolverine.  

Moonwing, fusione di Moon Knight e Night Wing.  

Nightcreeper, fusione di Nightcrawler e Creeper.  

Dare e Catsai ossia la fusione di Deathstroke e Daredevil (a destra) e quella di Catwoman ed Elektra (a sinistra).  

 
Spider-Boy, fusione di Spider-Man e Superboy.  

Supersoldato, fusione di Superman e Capitan America.  


lunedì 2 marzo 2020

Bestia Nera

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Bestia Nera (Dark Beast), il cui vero nome è Henry Philip McCoy II, è un personaggio dei fumetti creato da Scott Lobdell e Mark Waid (testi) e Roger Cruz e Steve Epting (disegni), pubblicato dalla Marvel Comics. Egli è la versione alternativa e malvagia dell'X-Man Bestia e che proviene da un'altra dimensione (quella dell'Era di Apocalisse); è apparso per la prima volta sulle pagine di X-Men Alpha (febbraio 1995). Nella continuity dell'Era di Apocalisse Bestia Nera è un nefario genetista che compie crudeli esperimenti sotto la guida di Apocalisse, ed uno dei pochi personaggi ad essere riuscito a fuggire da quell'universo, per giungere in quello Marvel ufficiale, dove continua a compiere le sue malvagità.

Biografia del personaggio
Era di Apocalisse
Nella dimensione alternativa da cui proviene, Bestia Nera è uno scienziato che lavora al servizio di Sinistro per creare mutanti sempre più potenti seguendo l'ideologia di Apocalisse secondo la quale solamente i più forti erediteranno la Terra. Al contrario del suo mentore, McCoy nei suoi esperimenti è un sadico e perverso genio che costringe le sue vittime a provare dolore per poterne ricavare piacere. Tale indole gli ha fatto valere il soprannome di Bestia sia dai suoi prigionieri sia dalla Elite Mutant Force di Sinistro. Il suo aspetto scimmiesco è frutto di un esperimento condotto su sé stesso ed il suo corredo genetico, come quello di qualsiasi mutante appartenente alla sua dimensione d'origine, è stato archiviato per creare i superesseri che avrebbero dovuto costituire Infinity, l'esercito di Apocalisse. Grazie ad esperimenti condotti sui personaggi come Blink e Jamie Madrox, Bestia imparò ad amalgamare poteri di più superumani in singoli esseri dotandoli di una varia miscela di abilità, avendo a disposizione un archivio genetico quasi illimitato da cui scegliere.

Terra-616
Al termine dell'Era di Apocalisse, fu in grado di fuggire attraverso il Cristallo M'Kraan nell'universo Marvel dove risiede Terra-616. Scontrandosi con Quicksilver al suo interno, McCoy giunse venti anni nel passato rispetto all'epoca in cui era diretto ed incontrò una giovane Emma Frost che lo aiutò nel recupero di alcuni ricordi, dilettandosi poi a creare i Morlock. In seguito rapì il vero Bestia e si sostituì a lui all'interno degli X-Men cambiando il colore del proprio pelo da nero a blu. Incapace di uccidere gli amici e i familiari dell'X-Man, lasciò la città e scomparve dalla circolazione per un po', riapparendo durante il crossover Onslaught, nel quale divenne stretto collaboratore del lato oscuro, perverso e maligno di Xavier.
Poco prima di House of M e della decimazione, fu visto sull'isola di Genosha nella quale risiedevano Magneto e Xavier. È stato inoltre confermato dai files di O*N*E*, che Bestia Nera è uno dei pochi mutanti ad aver mantenuto i propri poteri dopo gli sconvolgimenti dimensionali di Scarlet.

Specie in Extinzione
Riapparso nel campo di concentramento e sterminio di Neverland, Bestia Nera decide di allearsi con Bestia per indagare le cause della decimazione e le possibili soluzioni per riattivare il gene X. Benché i differenti metodi di approccio alla scienza abbiano portato spesso i due a battibeccare, giunsero alla conclusione di recarsi dall'unica persona conosciuta per aver generato molti figli dotati di mutazioni: giunti a casa Guthrie, mentre Bestia discuteva della possibilità di studiare il patrimonio genetico familiare, Bestia Nera compì un esperimento di alterazione genetica su uno dei ragazzi più giovani portando la cavia al confine con la morte prima che Bestia fosse in grado di guarirlo. Dopo un'accesa lite, i due McCoy divisero nuovamente le loro strade.

Utopia
Rintracciato da Osborn presso una stazione ferroviaria fatiscente ed in disuso mentre era impegnato a sezionare il cadavere di una bambina, Bestia si mostra riluttante all'idea di entrare a far parte di un gruppo di mutanti sotto il completo controllo del governo e specialmente a diventare una marionetta nelle sue mani. Benché all'inizio non nasconda il suo scetticismo, a poco a poco le parole persuasive di Osborn, e le promesse di nuovi equipaggiamenti e cavie mutanti da sottoporre ai suoi sadici esperimenti, lo convincono ad accettarne la proposta allettato dall'aspettativa di vedere in prima persona il momento in cui Norman rivelerà al mondo il suo vero volto e dalla promessa fattagli di poter fare esperimenti su Arma Omega. Giunto a San Francisco, la sua affiliazione alla squadra viene aspramente criticata da Emma poi tranquillizzata da Osborn con l'assicurazione che il suo ruolo sarà solamente quello di esperto scientifico.

Poteri e abilità

I poteri di Bestia Nera, consistono in tutte le superabilità della sua controparte ufficiale e perfino il loro quoziente intellettivo sembra essere identico. Una delle poche diversità è la mancanza dell'aspetto felino e la diversa colorazione del pelo.



domenica 1 marzo 2020

Vulcan Raven

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Vulcan Raven è un personaggio del videogioco Metal Gear Solid.
È doppiato da Giancarlo Ciccone nell'edizione italiana.

Storia
Nonostante i suoi genitori abbiano origini alasko-indiane e eschimesi, Vulcan odia la parola "eschimese" quando viene pronunciata dagli uomini bianchi. Ha un grande tatuaggio in fronte, simile ad una voglia, che raffigura un corvo ed è alto 210 cm. Viene considerato dalla sua gente uno sciamano poiché sia gli eschimesi che gli Inuit venerano il corvo come il creatore.
Dopo la laurea conseguita nell'università dell'Alaska, ha trascorso pochi anni nella sua patria. Ha preso parte alle Olimpiadi Eschimo-Indiane e ha partecipato, vincendo, alla gara di "Tiro dell'orecchio", una gara in cui due avversari si affrontano tirandosi le orecchie a vicenda nel freddo pungente, per testare sia la forza spirituale che quella fisica. È stato anche in grado, durante un inverno particolarmente freddo, di attraversare a piedi il Mare di Bering, per raggiungere la Russia.
Quando Vulcan entra a far parte della Spetsnaz, incontra Revolver Ocelot e Sergei Gurlukovich. Dopo la caduta dell'Unione Sovietica viene retrocesso di grado, per un fallito tentativo di rivolta. Per questo motivo decide di abbandonare la Russia e diventa un mercenario.
Alcuni anni dopo viene reclutato ad Outer Heaven, grazie alla raccomandazione di Revolver Ocelot. In quella occasione, tuttavia, Raven e Snake non s'incontrano. Dopo la distruzione di Outer Heaven, Raven torna ad essere un mercenario.
Viene successivamente reclutato, di nuovo, da Revolver Ocelot ed entra nella FOXHOUND. Da quel momento decide di usare, come sua arma personale, un cannone M61 Vulcan (una mitragliatrice di solito montata negli aerei F-16) e si carica sulle spalle un enorme tamburo di munizioni.
Insieme agli altri membri della FOXHOUND (Liquid Snake, Revolver Ocelot, Psycho Mantis, Sniper Wolf e Decoy Octopus), stanchi di essere considerati fantocci del governo, prende il controllo dell'isola di Shadow Moses, una struttura di stoccaggio delle armi nucleari.

Apparizioni
Nel corso di Metal Gear Solid, Solid Snake incontra Vulcan Raven due volte. Nel primo scontro Raven guida un carro armato M1 Abrams, nel secondo Raven si trova dentro un magazzino frigorifero, armato di M61 Vulcan. In quest'ultimo scontro, Snake sconfigge Raven.
Negli ultimi istanti di vita, Raven rivela a Snake che il direttore della DARPA, che Snake ha incontrato all'inizio della sua missione, era Decoy Octopus travestito. Tuttavia non gli spiega perché, come sia morto o perché si sia travestito, ma rivolge a Snake un monito:
«Ogni tuo passo poggia sulle carcasse dei tuoi nemici. Le loro anime ti perseguiteranno per sempre, non avrai mai pace. Ascoltami, Snake... Il mio spirito ti osserverà!!»
Pronunciate queste ultime parole, viene divorato vivo dai corvi in pochi attimi.
In Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty è presente una action figure raffigurante Vulcan Raven.
Vulcan Raven compare inoltre in Metal Gear Solid: The Twin Snakes per Nintendo GameCube (remake della versione PlayStation) e in Metal Gear Solid: Digital Graphic Novel per PlayStation Portable (che ripropone la storia di Metal Gear Solid, con alcune variazioni, nella forma di un fumetto interattivo).


sabato 29 febbraio 2020

Influenza del supereroe Marvel sul supereroe DC

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« Chi controlla i controllori? »


(Giovenale, Satire, VI.)

Jack Kirby alla DC: Kamandi e New Gods
Jack Kirby, creatore grafico dei Fantastic Four e di tanti altri fra i primi supereroi Marvel, e, secondo la polemica che egli stesso innescò nei primi anni '90, possibile ideatore di quegli stessi supereroi (questa polemica si sviluppò negli anni ed è ancora irrisolta, ma noi consideriamo solo che nel mondo del fumetto l'apporto del disegnatore è fondamentale anche per l'ideazione del personaggio, e che, dunque, se Kirby non è proprio l'autore, è per lo meno un coautore – come prova certa del notevole contributo di Kirby alla creazione dei supereroi Marvel, ricordiamo che i Fantastic Four ricordavano molto da vicino il suo precedente Challengers of the Unknown, una serie di fantascienza della DC), nel 1970, lasciò la Marvel per dissidi (già da allora) con Lee.
Fu in questo periodo che inventò l'originale e profonda, ma incompiuta, “saga del quarto mondo”. All'interno di questa complessa e controversa saga, secondo Scatasta “quasi un ritorno alle filosofie del Capitan America degli anni '40 che però mal si adattavano agli anni ‘70” (Scatasta, Bosco, 1991, p. 40), in realtà esistono almeno due serie che permettono la trasmigrazione dei temi cari alla Marvel in casa DC: The New Gods e Kamandi.
The New Gods può essere annoverata in questo gruppo per l'alto grado di problematizzazione. Si trattava nuovamente di dei, come nel caso di Thor, ma di nuovi dei, fin troppo umani come si evince facilmente dai dialoghi che estrapoliamo dalla serie. Portiamo all'attenzione del lettore il fatto che il protagonista, Orion (“uno con un nome irlandese tipo O'Ryan”, commenta un umano nella serie per via del nome omofono che il dio utilizza per presentarsi agli umani – si capisce come un mondo dove un dio possa, negli Stati Uniti, prendere un nome irlandese, debba, per forza di cose, essere un mondo dove anche essere un dio non comporti qualcosa di particolare, ma sia una sorta di mestiere, con l'effetto di relativizzare anche la figura del dio stesso), sia figlio degli dei “cattivi” e combatta coi “buoni”, creando, quindi, in linea con la Marvel e, anzi, accentuandone la tematica, una voluta confusione nel distinguere il bene dal male. Orion, infatti, come un novello Dr. Jekyll and Mr. Hyde, ha un volto “buono” e uno “cattivo” che si rivela nel momento della furia. Riportiamo, a tal proposito un brano che si svolge dopo la lotta fra Slig, uno dei “cattivi”, e Orion, dopo che quest'ultimo ha mostrato il suo vero volto:
“S: La tua brama distruttiva ti ha costretto a portare allo scoperto il tuo vero volto, Orion! Dunque, le voci non mentivano!
O: Già, rospo gracchiante! È vero! Orion è deforme!
S: Orion, sei molto di più! Sei una bestia furiosa e ossessionata!
O: Lo sarei, Slig! Lo sarei! Se non fosse per la scatola madre! La scatola madre mi protegge! Mi dona quiete e mi riplasma! Mantenendomi parte di Nuova Genesi (il “paradiso” dei New Gods, N. d. R.)!!
S: Ah ah ah! Orion è un mostro! Ah ah ah!” (Kirby, Roma, 1999, p. 120).
Riportiamo ancora una frase dello stesso Orion, con la quale chiosa alla fine di uno degli episodi:
“O: Gli dei sono comunque sempre vicini!… parte integrante della vita umana! Giganteschi riflessi del bene e del male che nascono dentro gli uomini stessi” (ivi, p. 242).
Questa frase racchiude in maniera estremamente sintetica tutto il discorso intorno ai supereroi problematizzati (in questo caso Kirby si spinge all'estremo di creare dei problematizzati).
Kamandi, invece è la storia de “l'ultimo sopravvissuto a un Grande Disastro che aveva reso gli uomini bestie e le bestie «civili» e belligeranti come gli uomini” (Scatasta, Bosco, 1991, p. 40). Si può cogliere facilmente il parallelo coi cinque film della saga del “Pianeta delle scimmie”, dove le scimmie regnano e gli uomini sono animali non parlanti. Kamandi, dunque, è un picco estremo, probabilmente ancora troppo all'avanguardia per l'epoca, della dialettica del “diverso”. Egli, infatti, è l'unico (o uno dei pochi) uomini coscienti dell'apartheid che sta vivendo e che non può condividere questa coscienza con il resto dell'umanità bistrattata proprio perché questa manca ancora di quella stessa coscienza che le sarebbe necessaria per la sua autodeterminazione.
Riportiamo un dialogo che si svolge fra Kamandi e un giaguaro mentre che quest'ultimo sta andando all'assalto del nostro eroe:
“G: Ti farò a pezzi, piccolo… Unnnnnnh!
(Kamandi lo stordisce con un pugno)
K: Non tutti quelli della mia razza sono facile preda! So pensare! So arrabbiarmi! E posso combattere. Che ne dite?” (Kirby, Milano, 1978, p. 32).
Possiamo notare quanto questo brano potrebbe essere tratto da un qualsiasi romanzo che tratta della schiavitù degli afro-americani.

Supereroi “normali” alle prese con la “diversità”
Oltre alla particolare esperienza di Kirby alla DC, la trasmigrazione di temi (anche per ovvi motivi di concorrenza – la Marvel con quei temi aveva successo) proseguì, molto timidamente, per tutti gli anni '70 fino agli anni ‘90, con i temi sociali introdotti da qualche autore particolarmente sensibile, ma senza che questi andassero più di tanto ad intaccare la natura dell'eroe.
Citiamo solo un esempio, tratto dalla serie Green Lantern/Green Arrow del 1972. In questa serie, già basata sullo scontro di vedute dei due eroi “verdi” di casa DC, nei numeri 5 e 6, Green Arrow scopre che il suo pupillo Speedy è un tossicodipendente.
Traiamo da qui uno sfogo di un amico di Speedy afro-americano e tossicodipendente, che è un po' una summa del disagio del diverso, nato da un dialogo precedente con altri tossicodipendenti che raccontano l'origine della loro dipendenza:
“Oooo… sei proprio una forza! Lo insultano, eh? «Muso giallo» è niente rispetto ai nomi che danno a me… Negro è solo per iniziare! Ma è dopo che sono veramente poetici! Non è per come ti chiamano, è per quello che c'è nei loro occhi amico, ecco perché mi faccio…” (O' Neil a, Nepi, 1992, p. 59).
Citiamo anche la copertina del n° 5 dove, di fronte alla scoperta del fatto che Speedy si droghi, palesano il loro scontro di vedute:
“G. L.: You always have all the answers, Green Arrow! Well, what's your answer to that..?
G. A.: My ward, Speedy is a junkie!” (ivi, p. 26).
Ricordiamo, a tal proposito, che Green Lantern è un umano nominato, da delle entità di controllo dell'universo, guardia di questa parte di universo. Ha, dunque, un approccio più o meno da poliziotto: sa cosa deve fare e cerca di farlo bene. Green Arrow, invece, è un ricco filantropo, impegnato nel mondo quotidiano e, dunque, in teoria con un'ottica più relativistica ed ironica. Sono personaggi che, nel loro sodalizio, ovviamente, litigano spesso, fino al paradosso espresso in questa copertina: l'assolutista ha dubbi quando non conosce la verità, il relativista ha la certezza del dubbio e del conoscere il mondo meglio dell'assolutista, certezza che crolla quando non si tratta più di speculazioni, ma di drammi personali. Questa crisi del relativista (ricordiamo, comunque, che gli eroi DC non vivono mai una condizione essenziale e personale di disagio come nel caso degli eroi Marvel: il disagio, al limite, può arrivare solo dall'altro da sé) sfocerà, infatti, nel numero successivo della serie, in una reazione tutt'altro che liberale, che riportiamo:
“Sei uno sporco drogato… non sei meglio di tutti quegli altri mocciosi!” (O' Neil b, Nepi, 1992, p. 71).
Nelle serie regolari, quindi, i temi sociali entrano cautamente in casa DC, senza, peraltro, sconvolgere più di tanto l'essenza stessa dell'eroe.
La DC rimarrà, quindi, abbastanza fedele alla linea, ma sarà questa casa editrice, paradossalmente, a dire una parola importante sull'argomento “supereroe diverso”. Nell'andamento dialettico questa sarà una punta di svolgimento massimo ed estremo del tema, svoltasi fuori delle serie regolari, ma che ha cambiato, probabilmente per sempre il modo in cui qualsiasi autore o lettore percepiscano il concetto di supereroe. Analizziamo questa fase nei paragrafi successivo.

Un supereroe “normale” reso “diverso”: il Batman oscuro di Frank Miller
Il 1986 è, dunque, l'anno della resa dei conti per il concetto di supereroe, dopo vent'anni di esistenza del supereroe problematizzato. È l'anno di “Watchmen”, che vedremo nel paragrafo successivo, e di “The Dark Knight returns”, l'opera in cui il supereroe DC più oscuro, appunto, e, dunque, più diverso, ovvero Batman, sarà smitizzato e distrutto.
Questo tipo di distruzione coglierà Batman, ma si tratterà di una metafora per mettere in dubbio l'operato e, dunque, l'essenza stessa del supereroe in sé. Si chiede, Miller, se l'essere un supereroe non implichi, in sé e per sé, l'essere fascista.
Miller, immagina, in un futuro ipotetico, un Batman ritiratosi dall'attività di protettore di Gotham City (città immaginaria del mondo DC), anziano e debole di cuore, ma che, dopo un anno di inattività, visto l'oggettivo aumento di criminalità, non resiste e torna sulle scene. Questo Batman, però, è come un Batman a nudo, che palesa tutta la problematicità insita nel suo personaggio da sempre, ma sempre, fino a quel momento, latente. Si legge, chiaramente, tutto ciò che, negli anni precedenti, si leggeva in maniera subliminale, ovvero il fascismo insito nell'essere un eroe solitario che pur risolve i problemi pratici dell'uomo, ma lo fa senza autorizzazione e seguendo solo la sua etica e il suo istinto, in barba all'etica condivisa.
Riportiamo due brani significativi. Il primo è tratto da uno scontro con un criminale ed è il racconto di ciò che Batman pensa mentre combatte. Il secondo è la domanda che, in un'intervista, un giornalista televisivo rivolge ad uno psicologo da talk-show.
“Gli faccio mangiare un po' di spazzatura… poi lo aiuto a inghiottirla. Un colpo perfetto al diaframma… mi preoccupo che vada giù troppo presto… […] …Colpiscilo… con tutto quello che ti resta… il suo collo regge… il suo naso… si frantuma… ossa che mordono le mie nocche… […] …un colpo al collo… dovrebbe insegnargli molti nuovi generi di dolore…” (Miller, Roma, 2005, pp. 83–5).
“Dr. Wolfer… lei ha dichiarato che Batman è responsabile degli stessi crimini che combatte. Eppure, nelle settimane che hanno fatto seguito al suo ritorno, abbiamo assistito a un crollo delle attività criminali. Lei come lo spiega?” (ivi, p. 69).
Notiamo quanto l'atteggiamento di Miller di tipo anarcoide, a differenza di quello di Moore che analizzeremo poi. Egli dissacra e disumanizza la figura dell'eroe, ma, allo stesso modo, sbeffeggia chi si schiera contro questo tipo di eroe, facendogli vestire la parte di uno psicologo “commerciale”. Miller, dunque, arriva all'estremo del dubbio, all'estremo del relativismo, fino al punto di non ritorno che farà segnare, almeno, fino ad oggi, una svolta notevole al discorso sul supereroe diverso. Niente sarà più uguale nel mondo dei supereroi, con un paradosso. Il mondo DC guadagnerà in profondità delle storie sintetizzando questa profonda antitesi rispetto agli eroi monolitici in maniera abbastanza pacifica (il maggiore interessato da questa “rivoluzione” sarà, ovviamente, Batman, che non poteva non essere ripensato e non poteva non affrontare nuove tematiche, sempre più introspettive e tormentate), mentre il mondo Marvel, oltre a coltivare personaggi che, invece, vivono appieno l'antitesi di Miller e ne sono quasi una continuazione, come nel caso, già affrontato di The Punisher, vive un po' di rendita, come abbiamo già visto, non sviluppa una sua sintesi, e, forse, fa un balzo indietro in quanto a profondità per tornare all'evasione pura (crediamo che un esempio altamente chiarificante di questo processo sia la seconda serie di Silver Surfer, del 1987, dove “in the first issue, he was released from his confinement on Earth: after going back to Zenn-La, he realized he could not bring himself to spend the rest of his life there and resumed his journeys through the cosmos” (Gabilliet, …. …. p. 212), perdendo così la caratteristica tragica di esiliato e diventando un “normale” supereroe cosmico).

Supereroi “normali” in pensione che fanno i conti con la loro essenza: i controllori di Alan Moore
Alan Moore è forse l'autore di fumetti che, senza discostarsi mai troppo dal fumetto tradizionale, crea qualcosa di molto vicino alla forma “romanzo”, per i temi, per le scelte stilistiche, per la profondità, per lo spessore dei personaggi e, spesso, per la lunghezza. Non a caso la sua è una formazione da fumetto underground. Questo tipo di fumetto era presente in varie forme in diversi paesi (vedi anche il caso della rivista Metal Hurlant in Belgio o di Andrea Pazienza e di alcune riviste come Frigidaire in Italia), in particolare negli anni '80, ma in Inghilterra (dove nacque e lavorò nei primi tempi Moore) prese una piega ben definita, a causa anche del thatcherismo, del post-punk e della new wave. La rivista più prolifica in tal senso era 2000 AD, sulla quale iniziò a scrivere Moore nel 1980.
È importante, per una corretta lettura di ciò che, per gli autori undergound, era la Gran Bretagna degli anni '80, sentire proprio le parole di Moore, dall'introduzione del suo “V for Vendetta”: “Siamo nel 1988. Margaret Thatcher sta iniziando il suo terzo incarico di governo e parla fiduciosa di un'interrotta leadership dei Conservatori fino al prossimo secolo. Mia figlia minore ha sette anni e i tabloid stanno diffondendo l'idea di campi di concentramento per le persone malate di AIDS. La nuova polizia antisommossa indossa visiere nere, proprio come i loro cavalli, e sul tettuccio dei loro cellulari sono montate videocamere ruotanti. Il governo ha espresso il desiderio di estirpare l'omosessualità, persino come concetto astratto, e si possono solo fare ipotesi su quale sia la prossima minoranza contro cui si legifererà. Penso di prendere la mia famiglia e andarmene via da questo paese, prima o poi, entro un paio di anni. È diventato freddo e cattivo e non mi piace più” (Moore, Roma, 2006, p. 7).
Quest'introduzione ad un fumetto sancisce chiaramente quanto, in realtà, i fumetti non siano solo l'intrattenimento leggero che molti immaginano.
Moore iniziò a lavorare presso una casa madre, ovvero presso la DC, nel 1983, recuperando un personaggio del filone horror di questa casa editrice impegnata soprattutto coi supereroi, ovvero Swamp Thing, rinnovandolo e creando una delle serie più vicine al linguaggio, questa volta, poetico, avvicinandosi notevolmente all'espressività di Blake o di Burroughs (non per niente in “Watchmen” citerà Blake e P.B. Shelley) e toccando uno dei picchi più alti di introspezione del “diverso” (Moore arriverà, in questa serie, a raccontare in una maniera unica, geniale e allucinata l'unione sessuale di questa “cosa della palude” – che, in realtà, è un vegetale – con la natura, raccontandone le sensazioni).
Abbiamo posto Watchmen alla fine di questo percorso dialettico, poiché ci sembra l'opera più matura a proposito di diversità, relativismo e problematizzazione dell'eroe.
Dà un impulso positivo alla crisi dell'eroe, perché lo stravolge e lo problematizza, ma dal di fuori.
Non critica o distrugge, per esempio, come fa Miller l'eroe stesso, perché, per le regole non scritte del fumetto, l'eroe ha senso se non muore o se non stravolge troppo la sua essenza.
L'opera di Miller, in qualche modo, segna la fine dell'eroe, poiché l'immaginario collettivo risente della caducità dell'eroe stesso. Il supereroe, dunque, può essere messo in discussione purché non in maniera incisiva o se si utilizza un artificio nel racconto dell'evento.
Il caso di Watchmen è esattamente questo. Moore immagina una situazione simile a quella del Batman di Miller, con gli eroi dichiarati illegali dal governo e ritiratisi, dunque, a vita privata.
L'artificio retorico, però, sta nel fatto che Moore non utilizza gli eroi di sempre, ma degli eroi minori di una casa editrice minore che la DC aveva rilevato. Può compiere, dunque, una sorta di operazione di meta-fumetto funzionale – questa sì – all'andamento dialettico del tema che stiamo analizzando, tant'è che, come abbiamo già osservato, la DC, prima non protagonista della rivoluzione tematica operata dalla Marvel, troverà una sintesi decisamente più efficace dell'argomento “diverso” negli anni '90 e nel decennio in corso.
Tornando a Watchmen, una caratteristica fondamentale è la totalità dell'opera. Moore riesce, cioè, a partire da un discorso già complesso, cioè la messa in discussione del supereroe, a parlare in maniera profonda, intelligente e artisticamente alta della politica, dell'amore, del fumetto in generale, dell'informazione, della guerra, della fisica e della metafisica.
La storia, in sintesi, è la seguente. Si immagina un mondo dove i supereroi, nel 1985, sono considerati illegali a partire da un determinato decreto. I supereroi, dunque, da una decina di anni, si sono ritirati a vita privata. Un primo eroe, The Comedian, (uno dei due più “problematici”) viene ucciso in circostanze misteriose proprio prima della prima vignetta (che rappresenta, infatti, la spilletta-simbolo dell'eroe, sopra il marciapiede incrostato di sangue). Rorschach (l'altro “problematico”, quasi pazzo – il nome, infatti, è tutto un programma) indaga, ma viene incastrato e incarcerato. Nel carcere, a suon di psicoterapia, si scoprirà il suo passato e il suo presente (madre prostituta, ritardo mentale, vicinanza all'estrema destra, e così via). Il primo Nite Owl, ha un'officina il cui cartello pubblicitario (“inquadrato” spesso durante il fumetto, come a ricordare che quel concetto di eroe e un concetto superato o da superare) recita “WE FIX 'EM! OBSOLETE MODELS A SPECIALITY”. Anch'egli, autore, tra l'altro, di un libro-verità in cui racconta i retroscena privati spesso infausti e le motivazioni spesso poco alte che spingevano il supereroe a comportarsi come tale, viene ucciso. L'attacco all'Afghanistan fa presagire una guerra imminente fra le due superpotenze di allora. Ancora, per dirla con le parole di Rorschach, “la prima Silk Spectre è una vecchia puttana obesa che sta morendo in una casa di riposo in California. Capitan Metropolis è stato decapitato in un incidente d'auto nel '74. Mothman è in manicomio nel Maine. Silhouette si è ritirata in disgrazia. Sei mesi dopo, uno dei suoi nemici, una mezza tacca, l'ha uccisa per vendicarsi. A Dollar Bill hanno sparato. Hooded Justice è scomparso nel '55” (Moore, Roma, 2005, p. 31). Nello stesso tempo, il Dr. Manhattan (trasformato da radiazioni in un'entità potentissima che cambia la materia e vede il tempo in maniera diversa dalla nostra), arma ufficiale del governo americano, viene accusato di aver fatto ammalare di cancro tutte le persone che gli son state vicine e si rifugia su Marte. La fidanzata del Dr. Manhattan, la nuova Silk Spectre, figlia della prima, piantata in asso dall'eroe-arma, inizia una relazione col nuovo Nite Owl, ridotto ormai in solitudine a causa della fine delle attività. I due riprendono a fare i supereroi, in barba alla legge. Dopo questa azione da supereroi, Nite Owl risolve i problemi di impotenza fisica che aveva avuto la prima notte con Silk Spectre. A questo punto organizzano l'evasione di Rorschach, per unirsi all'indagine. Scopriranno che l'autore del piano è un loro compagno d'avventure, che ha la caratteristica di essere l'uomo più intelligente della Terra, Ozymandias, che nel frattempo aveva costruito un impero economico non indifferente, anche grazie al marketing fondato sul suo personaggio. L'obiettivo era togliere di mezzo i potenziali ostacoli per il suo piano più importante, che aveva premeditato negli anni, ovvero fingere un attacco alieno che distruggesse mezza New York. Il tutto per favorire la cooperazione fra le superpotenze, evitare la guerra mondiale imminente e far nascere la pace. Effettivamente (a differenza del cliché tradizionale: l'ideatore di un piano simile sarebbe stato considerato un pazzo criminale, i buoni gli avrebbero impedito di realizzarlo, il mondo sarebbe stato comunque felice e contento) il piano riesce perché Ozymandias è veramente così intelligente da riuscire ad impedire che gli altri gli mettano i bastoni fra le ruote, e la Terra vive una nuova stagione di pace. Gli altri eroi non possono far altro che prendere atto dell'operazione e tornare a vivere nella maniera migliore possibile, ognuno, di nuovo, nel suo privato.
Una scritta sui muri compare spesso ed è, in realtà, una citazione da Giovenale, “WHO WATCHES THE WATCHERS?”. Questa domanda sintetizza efficacemente tutta la riflessione che si è cercato di fare in questa tesi. Il problema fondamentale, dalla Marvel in poi, è un problema che poteva avere solo una società che andava progressivamente liberalizzandosi e democratizzandosi e, soprattutto, che andava ad avere più fiducia nel proprio potenziale derivato dai singoli individui, liberandosi in parte della fede negli dei, nella nazione in quanto tale, e dunque nei supereroi “obsoleti”. Il problema, forse ancora irrisolto, era basato proprio sulle domande: “chi autorizza qualcun altro a decidere per me?” “se qualcuno lo autorizza, chi lo controlla?” “se qualcuno lo controlla, con quali criteri lo fa, e con quale autorizzazione?”.
Si capisce facilmente quanto queste domande siano profonde ed attuali, proprio perché in parte ancora senza risposta, e quanto il saper più o meno rispondere possa dipendere solo dal grado di maturazione della società stessa.
Si può riscontrare, dunque, per tornare alle tesi iniziali, quanto il fumetto, almeno quello di supereroi, e almeno negli anni che abbiamo analizzato, abbia contribuito in maniera attiva a questa maturazione. Quale sarà il futuro del fumetto di supereroi statunitense e, se le tesi di partenza sono valide, dunque, della società statunitense, è difficile prevederlo, ma siamo invitati, anche grazie ai fumetti, ad esserne per lo meno spettatori.