Nell’universo Marvel, pochi personaggi incarnano la complessità
umana come Magneto, il mutante capace di piegare il
metallo con la sola forza del pensiero. Visionario, tiranno,
idealista e vittima del proprio passato, Magneto è anche — e
soprattutto — un padre imperfetto.
Il suo rapporto con
Quicksilver e Scarlet Witch non è
soltanto una dinamica familiare: è una metafora dell’eredità,
della colpa e della distanza tra ideali e affetti.
Per comprendere l’atteggiamento di Magneto verso i suoi figli,
bisogna partire da Anya, la sua prima figlia, morta
tragicamente in un incendio quando era ancora bambina. Da quel trauma
nacque l’uomo che il mondo avrebbe conosciuto come il Maestro
del Magnetismo: un essere deciso a costruire un mondo dove
simili tragedie non potessero più accadere.
Ma Anya, idealizzata
e perduta, resta l’unica che Magneto ama senza riserve.
È la figlia che non lo ha mai contraddetto, che non ha mai
sbagliato. Nella sua mente, Anya è perfetta — e proprio questa
perfezione inaccessibile diventa il metro impossibile con cui misura
tutti gli altri figli.
Il rapporto con Pietro Maximoff, alias
Quicksilver, è dominato dal disprezzo e dal risentimento. Magneto
vede in lui un riflesso deformato di se stesso: impulsivo,
orgoglioso, collerico, guidato da un senso di urgenza
costante. Ogni scontro tra i due è una battaglia tra generazioni, ma
anche tra identità.
Magneto rimprovera a Quicksilver la sua
impulsività e le scelte avventate, ma ciò che realmente lo irrita è
quanto gli somigli. Pietro è il figlio che più lo costringe a
guardarsi allo specchio, e ciò risveglia in lui un’autocritica
feroce che non può ammettere apertamente. In fondo, ogni volta che
condanna Quicksilver, sta punendo se stesso.
Wanda Maximoff, la Scarlet Witch, occupa un posto
diverso nel cuore del padre. In lei, Magneto rivede Magda,
la donna che amò e che lo abbandonò, e Anya, la
figlia perduta.
Wanda è gentile, riflessiva, ma possiede un
potere devastante che la rende tanto affascinante quanto temibile.
Magneto la tratta con maggiore tenerezza rispetto a Pietro, ma resta
incapace di esprimere un affetto autentico senza il filtro della
colpa o del controllo.
Nonostante le divergenze — la sua
appartenenza agli Avengers, le sue scelte morali — Magneto fa uno
sforzo per esserci. Si presenta alle cene, tenta la
riconciliazione, e in rare occasioni, riesce persino a essere un
padre. Ma è un padre prigioniero della propria ideologia, incapace
di amare senza voler correggere.
Curiosamente, Magneto mostra la sua parte più umana con i nipoti:
Luna, Wiccan e Speed. Con loro è premuroso,
presente e protettivo.
Li porta persino a visitare la tomba di
Magda, un gesto che rivela il desiderio di riconciliare le
generazioni, di riscrivere almeno in parte la storia della sua
famiglia. Sostiene la relazione tra Wiccan e Hulkling,
un atto di apertura che contrasta con l’immagine del dittatore
spietato. È come se, attraverso i nipoti, Magneto tentasse un
tardivo riscatto morale.
Dietro il potere cosmico e la retorica da rivoluzionario, Magneto
resta un uomo in lotta con se stesso. I suoi figli
rappresentano ciò che ha perduto, ma anche ciò che spera di
salvare.
Desidera rimettere insieme la famiglia, ma il suo stesso
orgoglio glielo impedisce. È un padre che ama troppo tardi, un uomo
che vorrebbe abbracciare ma stringe solo il ferro delle proprie
convinzioni.
In fondo, la tragedia di Magneto non è quella del
mutante, ma quella del padre: un uomo che ha
sacrificato tutto per il bene dei suoi cari, perdendoli proprio a
causa di quel sacrificio.
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