Quando nel novembre del 1992 la DC Comics pubblicò Superman #75, le edicole americane furono invase da lettori in lacrime, fan increduli, collezionisti in frenesia. The Death of Superman, una saga epocale, culminava con un'immagine rimasta impressa nella storia del fumetto: il mantello dell'Uomo d’Acciaio sventolante su un palo contorto, tra le macerie della battaglia. Superman era morto. E il suo assassino era un personaggio appena comparso sulla scena: Doomsday.
Per alcuni lettori, il colpo fu troppo duro da digerire. "Davvero l’uomo più potente del mondo cade contro un bruto senza volto, privo di motivazioni, senza passato, appena introdotto?" si chiesero in molti. Ma era davvero così ingiustificata la fine di Superman per mano di Doomsday? O piuttosto ci troviamo di fronte a un evento coerente, drammaticamente costruito, perfino necessario?
Per comprendere il significato della morte di Superman, occorre guardare a Doomsday non come a un semplice villain, ma come a un concetto: quello della morte ineluttabile. Creato come un’arma vivente, Doomsday non è spinto da ideologie, né da sete di potere, né da vendetta. È pura distruzione, un essere concepito per evolversi attraverso il conflitto, per adattarsi a ogni minaccia e superarla. Prima di affrontare Superman, Doomsday aveva già sconfitto intere legioni di Lanterne Verdi, uccidendo con facilità centinaia di membri del Corpo. Aveva persino costretto i Guardiani dell’Universo a intervenire direttamente, un evento estremamente raro nell’universo DC. Uno dei Guardiani — entità cosmiche comparabili a Odino per potere — fu costretto a sacrificarsi per fermarlo, e nemmeno in modo definitivo.
Quando Doomsday raggiunge la Terra, porta con sé un’eredità di distruzione che pochi avversari nella storia del fumetto possono vantare. Non si limita a combattere Superman: si adatta al suo potere, lo studia, lo replica. È il nemico perfetto per un eroe che fino ad allora sembrava invincibile.
Nel loro scontro finale, Superman non si abbandona alla violenza. Cerca di contenere i danni, di proteggere la città, i civili, i suoi stessi principi. E solo quando si rende conto che non ci sono alternative, che Doomsday non può essere fermato, che la vita su scala planetaria è a rischio, decide di combattere alla pari. "Devo essere feroce quanto lui", afferma. Non è una scelta leggera: è un atto di disperazione, ma anche di responsabilità.
La decisione di Superman di sacrificarsi non nasce da debolezza, ma da forza morale. Anche indebolito, con le energie al limite, riesce a sferrare un colpo mortale. La sua vittoria è totale — ma lo è anche la perdita.
La morte di Superman non è solo il punto culminante di una saga ben scritta, ma una riflessione sul ruolo dell’eroe nella società. Superman è l’icona, l’ideale, la figura paterna e protettiva. Il suo cadere dimostra che nessuno, nemmeno il più forte, è invulnerabile. E che il vero eroismo non sta nell’essere imbattibili, ma nel combattere fino in fondo, anche a costo della vita.
La delusione, se mai c’è stata, nasce dalla percezione errata che un personaggio come Superman debba sempre vincere senza conseguenze. Ma è proprio il fatto che abbia scelto di sacrificarsi, pur avendo ancora la forza per abbattere il suo nemico, a rendere la sua morte così potente.
The Death of Superman è stato più di un momento shock: è stato un evento culturale. Ha ridefinito il modo in cui i supereroi possono essere narrati. Ha mostrato che perfino il simbolo più duraturo del bene può morire — e che la morte può essere significativa. Il lutto che segue, narrato nelle storie successive (Funeral for a Friend, Reign of the Supermen), esplora il vuoto lasciato dalla sua assenza e il modo in cui il mondo cerca di andare avanti.
La saga ha ispirato trasposizioni cinematografiche, serie animate, discussioni accese tra lettori e critici. Ma, soprattutto, ha costretto l’industria del fumetto a confrontarsi con la mortalità dei propri miti.
No, non è deludente che Superman sia morto per mano di Doomsday. Al contrario, è narrativamente coerente, simbolicamente forte, emotivamente devastante. La sua morte non è una caduta banale, ma un atto supremo di eroismo. Non viene ucciso da Doomsday, ma insieme a lui: un sacrificio reciproco, uno scambio di colpi finali, un epilogo che richiama l’eroismo tragico delle epopee antiche.
Superman è morto in piedi, colpendo per proteggere. E questo, forse, è il modo più grande con cui poteva andarsene.