mercoledì 12 novembre 2025

Come gli X-Men finanziano il loro stile di vita da supereroi

Gli X-Men sono noti non solo per i loro poteri straordinari, ma anche per la tecnologia avanzata dei loro gadget, le basi ultramoderne e un certo stile di vita che, senza fonti di reddito tradizionali, sembrerebbe insostenibile. La domanda sorge spontanea: come fanno? La risposta risiede in una combinazione di eredità, ricchezze dei mutanti e strategie imprenditoriali di Charles Xavier.

All’inizio, il Professor Charles Xavier finanziava l’intera operazione con la sua ricchezza personale, ereditata dai genitori. Xavier non era solo un genio telepate e un educatore visionario, ma anche un uomo di notevole disponibilità economica, in grado di sostenere gli X-Men e il loro quartier generale, la celebre X-Mansion.

Fin dai primi giorni, Xavier aveva intuito che alcuni mutanti erano estremamente benestanti. Uno dei suoi primi studenti, Warren Worthington III, alias Angel, possedeva una fortuna personale addirittura superiore a quella di Xavier. Non era raro che Xavier chiedesse direttamente a Warren di finanziare missioni o attrezzature particolarmente costose.

Negli anni successivi, il pattern si è consolidato: gli X-Men hanno reclutato mutanti provenienti da famiglie facoltose o con patrimoni propri. Alcuni esempi noti includono:

  • Psylocke, di origini aristocratiche britanniche.

  • Sunspot, miliardario brasiliano.

  • Monet St. Croix, appartenente a una famiglia estremamente ricca.

  • Emma Frost, ex regina dei criminali d’alta società, che ha spesso contribuito a finanziare operazioni e gadget.

Questa strategia ha permesso agli X-Men di avere accesso a risorse significative senza dipendere da lavori convenzionali.

A un certo punto, Xavier decise di strutturare meglio le finanze degli X-Men, creando aziende che canalizzavano capitali nelle attività del gruppo. La Marvel ha canonizzato Xavier come uno degli uomini più ricchi del pianeta, grazie alla proprietà di una potente azienda farmaceutica. Questi introiti hanno permesso di finanziare laboratori, tecnologie avanzate, veicoli e missioni senza ricorrere a fonti di reddito esterne.

La combinazione di eredità, ricchezze individuali dei mutanti e la gestione strategica degli affari di Xavier spiega come gli X-Men possano permettersi uno stile di vita high-tech e costoso senza un lavoro tradizionale. È una miscela di fortuna, ingegno e network di mutanti facoltosi che rende la loro operatività credibile all’interno dell’universo Marvel.

Grazie a questa gestione, gli X-Men continuano a proteggere il mondo, viaggiare tra continenti e sviluppare tecnologie avanzate, senza mai compromettere la loro missione: la tutela dei mutanti e dell’umanità.



martedì 11 novembre 2025

Perché Superman non ha figli: i limiti biologici e narrativi del Kryptoniano


Superman, l’icona assoluta della DC Comics, è noto per essere l’Uomo d’Acciaio, ma sorprendentemente raramente ha figli, sia nei fumetti che nei film. A differenza di altri eroi come Batman o Wonder Woman, il Kryptoniano sembra sfuggire al concetto di famiglia biologica. Ma perché? La risposta, come spesso accade nell’universo dei supereroi, è tanto scientifica quanto narrativa.

La spiegazione più immediata risiede nella fisiologia di Superman. Clark Kent è un kryptoniano, e il suo corpo è strutturalmente diverso da quello umano: densità cellulare superiore, forza straordinaria e resistenza fuori scala. Questo significa che anche un contatto fisico normale potrebbe involontariamente ferire gravemente una partner umana, rendendo la procreazione biologica estremamente rischiosa.

In più, durante la gravidanza, l’ipotetico bambino erediterebbe poteri e caratteristiche kryptoniane, esponendo la madre a radiazioni solari e a un potenziale rischio fisico significativo. In sostanza, il corpo umano e quello kryptoniano non sono perfettamente compatibili, rendendo la questione della procreazione biologica incredibilmente complessa e delicata.

Oltre alla scienza, esistono ragioni narrative e culturali. La DC Comics ha sempre sottolineato che i supereroi non hanno relazioni sessuali approfondite nei fumetti principali, per mantenere il tono eroico e familiare delle storie. Di conseguenza, quando Superman “ha un figlio”, questo avviene quasi sempre tramite adozione o linee temporali alternative.

Esempi chiave includono:

  • Jon Kent, figlio biologico di Clark e Lois Lane nelle storie recenti, che rappresenta un’eccezione moderna, ma cresce sotto stretto controllo narrativo.

  • Kara Zor-El nella continuità di Terra 2 pre-Crisi, adottata e guidata come una figlia spirituale di Superman.

Un esempio raro e memorabile si trova nell’epilogo di Kingdom Come, capolavoro di Mark Waid e Alex Ross. In questa continuity alternativa, Lois Lane muore, e Clark si unisce a Diana Prince (Wonder Woman). In un momento tenero e iconico, Diana porta in grembo il figlio di Superman, e Bruce Wayne (Batman) accetta di diventare padrino del bambino. Questa storia dimostra come, nelle continuity “Elseworlds” o alternative, la DC esplori la possibilità di una discendenza biologica per il Kryptoniano.

Superman non ha figli nella continuity principale per motivi sia biologici che narrativi. La fisiologia kryptoniana rende la procreazione biologica rischiosa, mentre le scelte editoriali della DC mantengono il suo mito “puro” e senza complicazioni familiari. Quando vengono introdotti figli, questi sono spesso frutto di adozioni, universi alternativi o eventi straordinari, consentendo ai lettori di esplorare nuove dinamiche senza compromettere il simbolismo dell’Uomo d’Acciaio.

Superman resta così un’icona senza tempo: potente, eroico e, per scelta narrativa, privo di figli nel suo universo principale, mantenendo intatta la leggenda del più potente difensore della Terra.



lunedì 10 novembre 2025

Dottor Destino: il sovrano della Latveria e il genio oscuro dell’Universo Marvel

Il Dottor Destino, noto al mondo come Victor Von Doom, è una delle figure più complesse e potenti dell’universo Marvel. Monarca assoluto della piccola nazione della Latveria, Destino combina genialità scientifica, potere magico e abilità strategica, rendendolo un leader temuto e rispettato. Ma quanto è efficace come governante e quanto è realmente potente? Analizziamo in dettaglio.

Come sovrano della Latveria, Destino governa con un pugno di ferro. La sua leadership è controversa: da un lato, mantiene un ordine stabile e una qualità della vita notevole per i cittadini, dall’altro reprime ogni dissenso con metodi drastici. Tra i punti positivi, il popolo gode di sicurezza, occupazione e stabilità economica; la criminalità è minima e il governo garantisce servizi essenziali. Circa il 90% della popolazione sostiene il suo regime, mentre il restante 10% costituisce dissidenti o ribelli, prontamente controllati.

Nonostante il suo stile autoritario, Destino mostra una certa lungimiranza politica: la minaccia di punizione spesso basta a mantenere l’ordine senza ricorrere alla violenza estrema. Durante la sua assenza o deposizione, la Latveria subisce immediatamente caos e saccheggi, dimostrando quanto il suo controllo sia cruciale per la stabilità del paese. Tuttavia, alcune criticità restano evidenti: la libertà individuale è limitata e, pur essendo un monarca illuminato, non ha abolito completamente la povertà.

La vera forza del Dottor Destino risiede nella sua combinazione unica di scienza, magia e strategia. Esperto in fisica, robotica, cibernetica, genetica e biochimica, Destino è considerato uno dei più grandi geni dell’universo Marvel. Le sue abilità magiche, acquisite attraverso studi con mentori come Morgan le Fey e potenziate dai Tre Hazareth, gli permettono di eseguire incantesimi complessi, teletrasportarsi, manipolare entità e persino invertire incantesimi.

In aggiunta, Destino possiede poteri psionici e cosmici: telecinesi, ipnotismo, annullamento dei poteri altrui e, in alcuni momenti della sua storia, addirittura il controllo del Potere Cosmico di Silver Surfer o dell’onnipotenza dei Beyonders. Questi episodi lo hanno reso capace di alterare la realtà stessa, fermare minacce cosmiche e mantenere un dominio incontrastato su interi territori.

Oltre ai suoi poteri intrinseci, Destino utilizza armature avanzate e tecnologie sofisticate. L’armatura in titanio, forgiata magicamente, combina resistenza, forza aumentata, volo, scudi energetici e un arsenale di armi da combattimento. In alcune occasioni, ha anche utilizzato armature rubate a Tony Stark, potenziandole con la magia per renderle strumenti letali. I Doombots, repliche robotiche perfette di sé stesso, e il Servo-Guard, la polizia robotica della Latveria, garantiscono che il suo dominio rimanga incontrastato anche in sua assenza.

Al di là del mito del tiranno, Destino è un antieroe complesso. Le sue motivazioni non sono mai puramente malvagie: lotta per salvare sua madre dalla dannazione eterna, protegge la Terra da minacce cosmiche e dimostra costantemente il suo valore rispetto a rivali come Reed Richards. La sua arroganza è bilanciata da un codice morale personale, che lo rende tanto temuto quanto rispettato.

Il Dottor Destino non è semplicemente un cattivo: è un leader autoritario, un genio scientifico, un mago potente e un antieroe dal cuore complicato. La sua Latveria prospera sotto la sua guida, e la sua influenza si estende ben oltre i confini del pianeta, nell’intero Universo Marvel. Tra poteri straordinari, abilità strategiche e motivazioni personali, Victor Von Doom rimane una figura leggendaria, rispettata da alleati e nemici, capace di plasmare la realtà e il destino di chiunque osi sfidarlo.


sabato 8 novembre 2025

Suicide Squad: King Shark #1 – Un’avventura solista per Nanaue che sorprende e diverte


Per essere un fumetto gratuito, Suicide Squad: King Shark #1 si è rivelato sorprendentemente divertente. Dopo averlo letto, mi sono ritrovato con sentimenti contrastanti: da un lato alcune scelte narrative mi hanno lasciato perplesso, dall’altro sono entusiasta di avere finalmente una storia solista su Nanaue, il potente e affascinante King Shark. Questo numero segna un’importante opportunità per esplorare la psicologia, l’origine e la complessità di un personaggio che, fino a oggi, è stato spesso relegato a ruoli di supporto o comic relief all’interno della Suicide Squad.

Una delle cose che più mi è piaciuta di questo fumetto è l’umanizzazione di King Shark, in modo simile a quanto visto nel film. Nanaue, pur essendo un colosso di forza e terrore in battaglia, è raffigurato qui come un personaggio capace di affetto e legami significativi. Il fumetto gli concede un essere umano con cui instaura un legame amichevole, mostrando il suo lato premuroso. Questo dettaglio, seppur semplice, aumenta incredibilmente la profondità del personaggio: King Shark non è solo un mostro assetato di violenza, ma un individuo con empatia, in grado di preoccuparsi per altri esseri viventi.

Questa scelta narrativa non è nuova. In passato, Nanaue si è preso cura del secondo Aquaman nella miniserie La Spada di Atlantide, dimostrando come il legame tra King Shark e altri personaggi aggiunga spessore e fascino alla sua figura. Il contrasto tra la sua imponenza fisica e la sua capacità di affezionarsi e proteggere qualcuno rende Nanaue un personaggio irresistibile agli occhi dei lettori.

Non tutto nel numero è impeccabile. C’è una scena con Defacer che definisce King Shark “un sacco da boxe per Aquaman”. Personalmente trovo questa affermazione fuorviante: King Shark non è mai stato realmente sconfitto da Aquaman in un combattimento corpo a corpo nei fumetti. Questo tipo di commento rischia di sminuire la portata del personaggio, riducendo la sua aura di potenza.

Inoltre, c’è una piccola irritazione dovuta al comportamento di Amanda Waller. Nel fumetto, la direttrice della Suicide Squad definisce erroneamente King Shark come uno “squalo”. Dal punto di vista narrativo, potrebbe essere una scelta intenzionale per mostrare quanto poco Waller conosca realmente di lui. Tuttavia, dal lato del fan e appassionato di lore, è un errore fastidioso: Nanaue non è uno squalo nel senso biologico. La sua composizione genetica e mitologica è molto più complessa.

Parlare dell’origine di King Shark è essenziale per capire perché la definizione di Waller sia così imprecisa. Nanaue è il figlio di un dio squalo e di una donna umana. Tuttavia, il dio squalo è anche un aumakua, ovvero uno spirito ancestrale della famiglia, che in passato era umano prima di essere divinizzato. Questo implica che King Shark sia per metà umano e per metà divinità, ma con la divinità stessa che possiede un’origine umana. Tecnicamente, quindi, Nanaue non è uno squalo al 100%, né biologicamente né mitologicamente.

Negli anni, il nome del padre di Nanaue è cambiato da Chondrakha nei fumetti più vecchi a Kamo nel New 52. Questa variazione è stata elegantemente integrata nel numero, fornendo continuità e riconciliazione interna alla sua storia. In una pagina, King Shark stesso afferma di essere per metà aumakua, chiarendo ulteriormente la sua eredità mista e le sue radici divine.

Questo livello di dettaglio mostra quanto la scrittura moderna voglia rendere King Shark un personaggio più sfaccettato e meno “monolitico”. Non si tratta più soltanto del colosso che combatte la Squad, ma di un individuo con legami culturali, mitologici e familiari profondi.

Riflettendo sulla sua natura, King Shark è per metà dio e per metà umano, sebbene la metà divina abbia origini umane. Questo dettaglio lo rende un personaggio unico: il suo lato “mostruoso” deriva più dalla mitologia e dalla sua eredità che da caratteristiche biologiche reali. Nonostante l’aspetto di un predatore marino gigantesco, la sua psicologia, i suoi sentimenti e le sue relazioni con gli altri personaggi lo rendono profondamente umano.

Il fumetto si prende quindi il merito di umanizzare una figura che potrebbe essere percepita solo come forza bruta. L’aspetto antropomorfo di King Shark diventa così uno strumento narrativo per esplorare temi più profondi, come il legame familiare, la fedeltà e il concetto di eredità.

Avere un numero dedicato a King Shark è fondamentale. Nel panorama DC, Nanaue ha spesso avuto ruoli secondari o marginali. Questo fumetto gli consente di brillare, di mostrare il suo carattere complesso, la sua intelligenza e la sua sensibilità, oltre alla consueta potenza fisica.

Il focus su King Shark permette anche di esplorare dinamiche sociali e psicologiche: come interagisce con esseri umani, come affronta la diffidenza di Waller e della Squad, e come riesce a bilanciare i suoi istinti predatori con la capacità di affetto e protezione verso gli altri.

Questo tipo di sviluppo è ciò che rende il fumetto interessante non solo per i fan della Suicide Squad, ma anche per i lettori appassionati di personaggi complessi e sfaccettati.

Nonostante le molte note positive, ci sono alcuni punti che meritano critica. L’errore di Waller nel definire King Shark come “squalo” e il commento di Defacer su Aquaman possono sembrare piccoli dettagli, ma per gli appassionati di lore sono rilevanti. Queste imperfezioni potrebbero essere state scelte narrative deliberate per costruire conflitto o per sottolineare l’ignoranza di certi personaggi, ma rimangono fastidiose per chi conosce la storia e la mitologia di Nanaue.

Detto ciò, queste piccole pecche non rovinano l’esperienza complessiva: il fumetto resta godibile, scorrevole e, soprattutto, divertente.

Un altro punto di forza del fumetto è l’equilibrio tra scene d’azione e caratterizzazione dei personaggi. Non ci sono sequenze eccessivamente lunghe o gratuite: ogni combattimento o momento di tensione serve a far emergere aspetti della personalità di King Shark o delle dinamiche con gli altri membri della Squad.

In particolare, il rapporto con l’essere umano con cui instaura un legame mostra un lato emotivo spesso trascurato: King Shark non è solo un gigante assetato di violenza, ma un individuo capace di empatia, cura e sacrificio. Questi momenti lo rendono memorabile e creano un contrasto interessante con la sua immagine mostruosa.

Con Suicide Squad: King Shark #1, il lettore ha un assaggio di ciò che potrebbe diventare la serie solista del personaggio. L’interpretazione moderna di Nanaue è fedele alle origini, ma aggiunge livelli di complessità e profondità.

Il fumetto apre anche la strada a possibili sviluppi futuri: nuovi legami, sfide morali, confronti con altri personaggi DC e approfondimenti sulla sua eredità divina. La narrazione lascia spazio alla crescita, alla scoperta e a potenziali conflitti interni, rendendo la serie promettente per chi ama storie di anti-eroi e figure complesse.

Suicide Squad: King Shark #1 è un numero che sorprende e diverte. Pur con alcune imperfezioni, offre finalmente una storia solista a Nanaue, esplorando la sua mitologia, le sue origini e la sua psicologia. L’umanizzazione del personaggio, i legami emotivi e la gestione equilibrata tra azione e introspezione rendono il fumetto un’esperienza piacevole e significativa per lettori di ogni tipo.

Nonostante i commenti discutibili di Defacer e l’errore di Waller nel definirlo “squalo”, il fumetto riesce a catturare l’essenza di King Shark: un colosso mitologico, per metà umano e per metà divino, capace di empatia, forza e complessità emotiva.

Personalmente, sono contento di avere finalmente un fumetto dedicato a King Shark e non vedo l’ora di scoprire cosa riserverà il prossimo numero. La speranza è che la serie continui a esplorare il lato umano e divino di Nanaue, mantenendo intatta la sua potenza e la sua capacità di sorprendere i lettori.

Suicide Squad: King Shark #1 dimostra che anche i personaggi più “mostruosi” possono avere storie profonde e coinvolgenti, capaci di catturare l’attenzione e l’affetto dei lettori. Nanaue, con la sua complessità e la sua originalità, è finalmente pronto a emergere come protagonista, confermando che dietro l’aspetto temibile c’è molto più di quanto l’occhio possa vedere.


venerdì 7 novembre 2025

Venom senza Spider-Man: come cambierebbero poteri e abilità del simbionte Marvel


Nei fumetti Marvel, il celebre simbionte Venom è noto soprattutto per il suo legame con Spider-Man, da cui ha ereditato abilità uniche come il ragno-senso, l’agilità e la capacità di aderire alle superfici. Ma cosa sarebbe successo se Venom non si fosse mai legato a Peter Parker?

In assenza di Spider-Man, Venom possederebbe le capacità tipiche di qualsiasi simbionte. Come mostrato in diverse serie, tra cui Venom Space Knight #2, i simbionti sono dotati di super forza, agilità sovrumana, resistenza notevole, capacità di mutare forma e persino la possibilità di percepire ciò che avviene negli angoli morti, senza bisogno di sensi speciali aggiuntivi. In pratica, sarebbe un essere già formidabile, ma senza le abilità specifiche di Spider-Man.

Il motivo per cui Venom ha acquisito i poteri di Spider-Man è legato al livello genetico del legame. Come evidenziato in Venom (serie 2016) #155 e Venom (2019) #8, i simbionti si avvolgono intorno al DNA del loro ospite, creando una sorta di “codice genetico” che memorizza informazioni e abilità. Quando il simbionte lascia l’ospite, conserva questi dati, permettendogli di replicare i poteri di mutanti o supereroi legati a mutazioni genetiche, come Wolverine o Deadpool.

Questo significa che se Venom si fosse legato a eroi diversi da Spider-Man, come Capitan America o Thor, avrebbe potenzialmente ereditato parte delle loro capacità:

  • Capitan America: forza, agilità e resistenza migliorate al picco umano, abilità strategiche e combattimento corpo a corpo avanzato.

  • Thor: resistenza sovrumana, capacità di manipolare l’energia (elettricità, fulmini) e forza quasi illimitata.

  • Mutanti come Wolverine o Deadpool: guarigione accelerata, resistenza eccezionale e abilità di combattimento avanzate, grazie al codice genetico ereditato.

In sostanza, la natura del simbionte è quella di assorbire e replicare le abilità genetiche del suo ospite, trasformandosi di volta in volta in una minaccia sempre più pericolosa e versatile. Senza Spider-Man, Venom sarebbe comunque potente, ma privo di quella combinazione unica di forza e “ragno-senso” che lo ha reso leggendario nel Marvel Universe.

La lezione è chiara: il potere di Venom non è solo intrinseco, ma profondamente legato al suo ospite. Cambiando l’ospite, cambia il simbionte, e le possibilità diventano quasi infinite.



giovedì 6 novembre 2025

La Presenza: il Dio supremo dell’universo DC e il parallelo con Marvel

Nell’universo DC esiste un’entità che trascende ogni limite, un principio creativo onnipotente che regge tutto ciò che esiste: La Presenza (The Presence). Spesso paragonata al One-Above-All della Marvel, La Presenza rappresenta il vertice assoluto della gerarchia cosmica DC, incarnando onnipotenza, onniscienza e immortalità assoluta.

Fondata sull’idea di un creatore supremo, La Presenza è responsabile della creazione di tutto: mondi, esseri viventi, leggi della fisica e persino le entità cosmiche più potenti come il Spectre o i Monitor. Pur possedendo poteri illimitati, la sua presenza nelle storie è spesso simbolica e indiretta. Raramente interviene direttamente, mantenendo un’aura di mistero e trascendenza che la rende quasi intangibile ai protagonisti delle narrazioni.

La caratterizzazione di La Presenza evidenzia un approccio diverso rispetto al suo equivalente Marvel. Il One-Above-All appare in forma più “umana” o tangibile in alcune rappresentazioni, mentre La Presenza resta principalmente metafisica, una forza dietro ogni evento e ogni legge dell’universo DC. È la fonte ultima della realtà, il punto di riferimento per tutti gli esseri e le entità cosmiche, e l’unico che non può essere sfidato o limitato.

Questo concetto apre anche riflessioni filosofiche: La Presenza non è solo potere, ma il principio stesso dell’esistenza e della creazione. In un certo senso, ogni storia DC, dai grandi scontri cosmici alle avventure più terrene, deriva dalla sua volontà e dalla sua presenza invisibile.



Marvel contro DC: ispirazione, concorrenza o plagio? La vera storia dietro le somiglianze nei supereroi


Nel dibattito più longevo della cultura pop — Marvel ha copiato la DC o è successo il contrario? — la risposta più onesta è anche la meno spettacolare: si sono “copiate” entrambe. O, meglio, hanno attinto dalle stesse fonti mitologiche, dalle stesse persone e dalla stessa tradizione narrativa che da millenni alimenta il bisogno umano di immaginare figure straordinarie. Oggi, mentre gli Stati Uniti assistono a un rinnovato interesse per i supereroi in cinema e streaming, è importante distinguere imitazione vera da convergenza creativa.

Molto prima che la DC pubblicasse Superman (1938) e la Marvel introducesse Namor (1939) o Captain America (1941), gli archetipi dell’eroe superumano erano già ben radicati:

Il desiderio di poteri soprannaturali appartiene alla psicologia universale. Non è proprietà esclusiva di nessuna casa editrice.

Persino l’idea dell’eroe terrestre potenziato su un altro pianeta precede i fumetti: John Carter di Marte, creato da Edgar Rice Burroughs nel 1912, ottenne forza e agilità incredibili grazie alla gravità più debole di Marte. Quando Jerry Siegel e Joe Shuster idearono Superman, attingere a quella fantasia non rappresentò un plagio, ma la naturale evoluzione di un immaginario già diffuso nella narrativa pulp.

Alcuni esempi vengono spesso citati per sostenere l’idea del “plagio”.

Namor vs Aquaman
Namor, il Sub-Mariner Marvel, apparve due anni prima di Aquaman (1941). Il concetto di un sovrano di Atlantide accomuna i due personaggi, ma le atmosfere, il carattere e i ruoli narrativi divergono radicalmente.

Captain Marvel vs Superman
Il caso più clamoroso.
Negli anni ’40 il Captain Marvel di Fawcett vendette più copie di Superman, tanto da spingere la DC a citare in giudizio l’editore avversario per plagio. La causa fu lunga e complessa, proprio perché i giudici riconobbero che molti elementi erano archetipici, non esclusivi.
Alla fine Fawcett cedette e smise di pubblicare il personaggio… che in seguito la DC avrebbe acquistato. Ironia della storia: Superman adottò successivamente poteri che ricordavano proprio quelli di Captain Marvel.

Una delle verità meno romantiche dell’industria: gli stessi creativi lavorano per editori diversi. Le idee non restano mai ferme in un solo luogo.

Esempi emblematici:

  • Jack Kirby

    Propose alla Marvel un concept cosmico: esseri immortali, divinità moderne. La proposta non andò in porto. Kirby allora portò l’idea alla DC, dove nacquero i Nuovi Dei e il Quarto Mondo.
    Quando tornò alla Marvel? L’idea si trasformò negli Eterni e nei Celestiali.
    Copia o evoluzione della stessa visione? La risposta è nel nome del suo autore: Kirby stava riciclando sé stesso.

  • Len Wein e Gerry Conway



Man-Thing fu progettato in Marvel e sviluppato da Conway. Len Wein era pronto a scrivere la sua storia, ma la testata fu cancellata: Wein passò in DC, dove creò Swamp Thing.
Due personaggi simili, due editori diversi, un solo gruppo di creativi.

Questi episodi mostrano che nel fumetto americano il confine tra ispirazione e “copia” è spesso logistico, non artistico.

Marvel e DC non sono rivali solo sul mercato: sono specchi narrativi l’una dell’altra, una competizione che ha prodotto alcune delle figure più influenti della cultura contemporanea. Le somiglianze non derivano da mancanza d’idee, bensì dal fatto che:

  • pescano dalle stesse radici mitiche

  • condividono autori e visioni creative

  • reagiscono l’una al successo dell’altra

Il risultato non è un eterno plagio, ma un dialogo competitivo che continua a reinventare il supereroe.

Perché i grandi miti, proprio come i poteri che celebrano, non appartengono a un’unica casa editrice. Appartengono a tutti noi.