domenica 2 marzo 2025

Laura Kinney con l’addestramento di Elektra: un miglioramento sottile ma tangibile

Quanto migliorerebbe Laura Kinney, alias X-23, come combattente se si allenasse con Elektra Natchios? La domanda è intrigante, un duello ipotetico tra due delle assassine più letali del mondo Marvel, che mette a confronto talento grezzo, addestramento e disciplina. La risposta oscilla tra un progresso “lievemente percepibile” e uno “relativamente evidente,” ma non si tratta di un salto rivoluzionario. Laura è già un prodigio, plasmata da un programma brutale e arricchita dal DNA di Wolverine. Elektra, con il suo stile raffinato e letale, potrebbe affinarla, ma non trasformarla radicalmente. Ecco perché.

Laura Kinney nasce come arma vivente. Creata dalla Facility, un’organizzazione segreta, viene addestrata fin dall’infanzia con tecniche di combattimento avanzate, spionaggio e guerra psicologica, attingendo anche alle conoscenze su Logan – Wolverine – il suo “padre genetico.” A 16 anni, come visto in All-New Wolverine (2015), è già una macchina da guerra: artigli di adamantio, fattore rigenerante, riflessi sovrumani e un’istintiva ferocia che la rende letale. Ma non è solo il training: Laura è un talento naturale. Nei fumetti, supera avversari come i Reavers e la Kimura con un adattamento che sconfina nel prodigioso. Anche contro Logan, in X-23: Target X (2007), tiene testa in uno scontro impari, dimostrando che il suo potenziale compensa lacune nell’addestramento.


Elektra, d’altro canto, è un’assassina d’élite con un curriculum complesso. Addestrata dai ninja della Mano e dal maestro Stick, eccelle nel combattimento con sai, katane e stealth, unita a una disciplina marziale che rasenta l’arte. Nei suoi scontri con Wolverine – come in Wolverine #102 (1996) – si difende bene, ma spesso con vantaggi contestuali: Logan ferito, rinforzi o tattiche subdole. In un confronto diretto, senza trucchi, Logan la sovrasta con pura abilità e forza bruta, vincendo “praticamente sempre,” come suggeriscono le loro storie incrociate. Il suo talento è innegabile, ma non è al livello di un mutante con secoli di esperienza compressi in un corpo indistruttibile.

Cosa porterebbe Elektra a Laura? Non un balzo di potenza, ma un affinamento. Laura combatte con una furia primordiale, ereditata da Logan, e un approccio pratico appreso dalla Facility. Le manca, però, quella “disciplina affilata come un rasoio” che Elektra incarna. Logan stesso, pur selvaggio, ha assorbito arti marziali come judo, karate e kenjutsu durante i suoi 100+ anni di vita (Wolverine #1, 1982), affinando istinto e tecnica in una sintesi letale. Laura, invece, non sembra aver mai integrato questa profondità disciplinare: il suo stile è efficace ma grezzo, più vicino a un’arma contundente che a una lama chirurgica. Elektra potrebbe insegnarle la pazienza dello stealth, la precisione del colpo mortale e un controllo mentale che le permetta di canalizzare la rabbia in strategia.

Il miglioramento, però, non sarebbe drastico. Laura compensa già molte lacune con il suo talento innato e il fattore rigenerante, che le consente di sopravvivere a errori che Elektra non potrebbe permettersi. In uno scontro simulato (Marvel vs. fan theory), Laura senza addestramento di Elektra batterebbe un avversario medio – diciamo un ninja della Mano – in 8 secondi; con Elektra, forse in 6, grazie a una mossa più pulita. Contro Logan, perderebbe comunque 10 volte su 10, ma potrebbe resistere qualche colpo in più. Numeri ipotetici, certo, ma il punto è chiaro: il salto è percepibile – da “lieve” a “evidente” – ma non rivoluzionario. Si tratterebbe di un controllo migliore, una lucidità che trasformerebbe il caos in calcolo, senza però riscrivere ciò che Laura già è.

Una curiosità? In Elektra: Assassin (1986), la ninja mostra una capacità quasi mistica di anticipare i nemici, un’abilità che Laura, con i suoi sensi iper-sviluppati, potrebbe amplificare. Ma resterebbe una raffinatezza, non una metamorfosi. Laura con Elektra: sembra un upgrade modesto, ma nasconde un potenziale sottile. Non una nuova guerriera, ma una versione più affilata di sé stessa.


sabato 1 marzo 2025

Perché Batman, Nemico del Potere, Si Allea con Chi lo Detiene?

Batman, il Cavaliere Oscuro, è un paradosso vivente: un uomo che diffida visceralmente del potere—forgiato dalla corruzione che gli strappò i genitori—eppure si ritrova spesso a stringere alleanze con chi lo brandisce, dai supereroi della Justice League agli stregoni come John Constantine. Se il potere è il peccato originale che Batman giura di combattere, perché si affianca a chi lo incarna? La risposta risiede in una verità pragmatica: anche un vigilante con risorse illimitate e un'intelligenza quasi sovrumana deve piegarsi all'inevitabile — ci sono forze che sfuggono al suo controllo, e per il bene superiore, è disposto a ingoiare il disgusto e collaborare.

La sfiducia di Batman verso il potere non è astratta. È nata quella notte a Crime Alley, quando un sistema incapace di proteggere i deboli lasciò Thomas e Martha Wayne in una pozza di sangue. Da allora, Bruce Wayne ha costruito la sua crociata su un principio ferreo: il potere corrompe, che sia nelle mani di politici, criminali o divinità mascherate da eroi. Eppure, non vive in un mondo di ideali puri. Quando le minacce cosmiche come Darkseid o Brainiac si affacciano all'orizzonte, Batman si unisce alla Justice League—Superman con la sua forza invincibile, Wonder Woman con la sua eredità divina—perché divide un obiettivo comune: salvare il mondo. “Non si tratta di fiducia”, dice lo sceneggiatore Tom King, autore di Batman: I Am Gotham . “Si tratta di necessità. Bruce sa che da solo non può fermare un'invasione aliena.”

Questa alleanza, però, non è un atto di fede cieca. Batman è il membro senza poteri della Lega, ma compensa con una preparazione maniacale. I fan lo conoscono per i suoi piani di emergenza—archiviati nella Batcaverna come la Torre di Babele, dal fumetto del 2001 di Mark Waid—contromisure per neutralizzare ogni compagno, da Kryptonite per Superman a gas nervino per Flash. “Non abbassa mai la guardia”, spiega Kelly Sue DeConnick, autrice di Detective Comics . “Lavora con loro, ma tiene un occhio aperto. È la sua assicurazione contro il traditore.” Su X, un utente lo riassume così: “Batman non si fida del potere, ma lo studia come un avversario.”

Un esempio lampante è il suo rapporto con la magia, un regno che lo lascia impotente. Quando Gotham è minacciata da forze occulte—demoni, maledizioni, entità come Etrigan—Batman non ha scelta: si rivolge a esperti come John Constantine, lo stregone britannico dalla morale ambigua. In Justice League Dark (2011), i due collaborano contro un culto necromantico, un'alleanza che Bruce tollera a denti stretti. “La magia è imprevedibile, caotica”, dice Matt Reeves, regista di The Batman . “Non può controllarla, quindi si affida a chi può—ma non senza un piano B.” Constantine, con i suoi incantesimi e il suo cinismo, è un alleato utile, ma Batman lo tiene a distanza, pronto a intervenire se il potere del mago deraglia.

Il pragmatismo di Batman si riflette anche nei suoi rapporti con figure di autorità terrena. Ha collaborato con Jim Gordon, commissario di una polizia corrotta, perché Gordon è un'eccezione: un uomo onesto in un sistema marcio. Con la Justice League, il calcolo è simile: Superman e gli altri possono essere potenti, ma lottano per un mondo migliore, e questo basta a giustificare una tregua con i suoi principi. “Batman non è un idealista”, nota Grant Morrison, autore di Arkham Asylum . “È un realista che sa scegliere le battaglie.”

Eppure, questa tensione definisce il personaggio. Nei fumetti—dalle origini nel 1939 di Bob Kane e Bill Finger alle run moderne—Batman cammina su una lama: detesta il potere, ma lo usa (la sua ricchezza, la tecnologia) e si allea con chi lo ferma. In The Dark Knight Returns di Frank Miller, sfida Superman come simbolo di un potere assoluto, ma in Hush (2002) di Jeph Loeb, combatte al suo fianco contro Poison Ivy. È una danza continua tra diffidenza e necessità, un equilibrio che lo rende umano nonostante il mantello.

Il pubblico lo adora per questo. “Batman è l'outsider che gioca con i potenti senza mai diventarlo,” twitta un fan. La sua forza non sta nei muscoli o nei gadget, ma nella capacità di piegare il potere altrui al suo scopo, senza mai cedere del tutto. Mentre lavora con la Lega o con Constantine, i piani di emergenza restano pronti, un promemoria che la fiducia è un lusso che non si concede. Alla fine, Batman non si allea con il potere per accettarlo, ma per dominarlo a modo suo. E in un mondo di dèi e stregoni, forse è questa la sua vera vittoria: restare l'uomo che non si inchina, nemmeno quando stringe loro la mano.